Mascherine chirurgiche o di stoffa? Ecco come funzionano per ridurre diffusione virus. Il maxi-studio

Mascherine chirurgiche o di stoffa? Ecco come funzionano per ridurre diffusione virus. Il maxi-studio
Mascherine chirurgiche o di stoffa? Ecco come funzionano per ridurre diffusione virus. Il maxi-studio
di Raffaele Alliegro
Sabato 11 Settembre 2021, 12:14 - Ultimo agg. 12 Settembre, 17:03
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La capacità delle mascherine chirurgiche di ridurre la trasmissione del Covid è stata dimostrata da uno dei più grandi test mai realizzati sull'argomento. E una seconda ricerca ha verificato che la capacità filtrante iniziale delle mascherine di stoffa, comunuque, non diminuisce dopo lavaggi ripetuti.

Il primo studio è stato illustrato da “Nature”: ha interessato circa 350mila persone coinvolgendo interi villaggi nel Bangladesh. Alla fine sono stati confermati i risultati di centinaia di studi precedenti: le mascherine chirurgiche hanno effettivamente ridotto la trasmissione del virus. Questo test «dovrebbe davvero segnare la fine del dibattito», ha detto a “Nature” Ashley Styczynski, ricercatrice presso la Stanford University in California e coautrice del “preprint” di descrizione dello studio.

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La ricerca, che distingue i “villaggi di controllo” dalle “comunità di trattamento”, permette di «fare un passo avanti in termini di rigore scientifico», ha aggiunto Deepak Bhatt, ricercatore medico presso la Harvard Medical School di Boston.

Styczynski e i suoi colleghi, riassume “Nature”, hanno iniziato sviluppando una strategia per promuovere l'uso della mascherina. «Questo alla fine ha triplicato il suo uso», passando dal 13% al 42%. I ricercatori hanno quindi confrontato il numero di casi di Covid e scoperto che «il numero dei sintomatici era inferiore nei villaggi di trattamento» rispetto ai cosiddetti villaggi di controllo. La diminuzione è stata del 9%, ma gli studiosi ritengono «che la vera riduzione del rischio sia probabilmente molto maggiore», perché non sono stati fatti test sulla presenza del virus sulle persone senza sintomi.

Il secondo studio è stato portato a termine dall'Università del Colorado. Si è scoperto che è meglio non buttare le mascherine di stoffa riutilizzabili usate nell'ultimo anno, perché lavarle e asciugarle non riduce la loro capacità iniziale di filtrare le particelle virali. «È una buona notizia per la sostenibilità», evidenzia l'autrice principale dello studio, Marina Vance. «La mascherina di cotone che è stata lavata, asciugata e riutilizzata probabilmente va ancora bene», aggiunge. Il processo utilizzato dai ricercatori per arrivare a questa conclusione è stato semplice: creare quadrati di cotone a doppio strato, sottoporli a ripetuti lavaggi e asciugature (fino a 52 volte, l'equivalente di un lavaggio settimanale per un anno) e testarli circa ogni 7 cicli di pulizia.

Le mascherine non sono state testate utilizzando persone reali, ma montate sull'estremità di un imbuto d'acciaio attraverso il quale gli studiosi hanno potuto controllare un flusso costante di aria e particelle sospese nell'aria. È stato così possibile analizzarle utilizzando condizioni simili a quelle della vita reale, con alti livelli di umidità e temperature per imitare l'impatto che la mascherina ha sulla respirazione. Le fibre di cotone hanno iniziato a sfaldarsi nel tempo dopo aver ripetuto il lavaggio e l'asciugatura, ma i ricercatori hanno scoperto che questo non ha ridotto in modo significativo l'efficienza iniziale di filtrazione del tessuto.

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