No-vax 71enne ricoverato in terapia intensiva: «Temevo le conseguenze del vaccino, ho sbagliato»

Treviso, no-vax 71enne ricoverato in terapia intensiva: «Temevo le conseguenze del vaccino, ho sbagliato»
Treviso, no-vax 71enne ricoverato in terapia intensiva: «Temevo le conseguenze del vaccino, ho sbagliato»
di Mauro Favaro
Sabato 17 Luglio 2021, 09:34 - Ultimo agg. 19 Luglio, 05:50
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TREVISO - Le lacrime hanno solcato il suo volto senza sosta per il timore di non farcela e per il rimpianto di non essersi vaccinato contro il coronavirus quando poteva farlo. È stata questa la reazione del paziente no-Vax di 71 anni ricoverato in Terapia intensiva a Treviso, dov’è tuttora intubato, quando i medici gli hanno spiegato che una forma così grave di infezione era stata la conseguenza della sua scelta di non vaccinarsi contro il Covid. «Ci ha detto che non aveva voluto sottoporsi all’iniezione perché aveva paura di eventuali effetti collaterali», rivela Mario Peta, anestesista rianimatore, specializzato in Malattie dell’apparato respiratorio, coordinatore per l’emergenza Covid nel settore della Rianimazione del Ca’ Foncello. 

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No vax in terapia intensiva, quadro difficile

E' stato lui ad andare a parlare con il 71enne, residente nella cintura urbana di Treviso, prima del trasferimento dal reparto di Pneumologia all’unità di Terapia intensiva. Le sue condizioni si stavano rapidamente aggravando. Il paziente faceva sempre più fatica a respirare. Non era più sufficiente l’ossigeno ad alti flussi dell’area semi-intensiva della Pneumologia, dove era entrato d’urgenza dopo la corsa in ospedale a bordo dell’ambulanza. E mercoledì sera è scattato lo spostamento nella parte della Rianimazione centrale dedicata al Covid. «Era molto spaventato per tutto quello che stava succedendo – racconta il medico – quando ci ha detto che non aveva voluto vaccinarsi, gli abbiamo spiegato che il vaccino è invece fondamentale proprio per le persone come lui che sono più a rischio a causa della presenza di altre patologie». A partire dall’obesità. «Non abbiamo trovato una persona che negava l’esistenza del coronavirus – aggiunge il rianimatore – ma una persona affranta per non essere corsa ai ripari quando aveva avuto la possibilità di farlo, prima del contagio».

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Condizioni stabili, ma critiche 

Ora si guarda avanti. Perché è questo il lavoro di medici, infermieri e operatori da un anno e mezzo in prima linea contro l’epidemia da Covid. «Non abbiamo parlato oltre del vaccino – spiega Peta – e il paziente non ci ha assolutamente chiesto di non essere vaccinato dopo il trasferimento in terapia intensiva. L’avremmo sottolineata come una cosa senza fondamento per una persona positiva che sta entrando in Rianimazione. Allo stesso tempo non ci ha detto che non vorrà vaccinarsi nemmeno in seguito». Lo spavento sembra avergli fatto cambiare idea in merito al vaccino. E comunque ora il punto principale è un altro. Adesso tutte le forze sono concentrate sulle cure per consentire al 71enne di rimettersi nel più breve tempo possibile.

Non è semplice. Le sue condizioni sono definite stabili ma sempre critiche. Si guarda all’evoluzione del quadro clinico ora dopo ora.

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Gli altri casi

E non è l’unico paziente ricoverato in ospedale per il coronavirus dopo la scelta di non vaccinarsi. Una donna di 85 anni, non vaccinata, appunto, a quanto pare contagiata dalla figlia, che a sua volta non si era sottoposta all’iniezione, sta combattendo l’infezione nel reparto di malattie infettive. Il 71enne e l’85enne sono i soli pazienti positivi attualmente ricoverati a Treviso. Altri quattro si trovano nell’ospedale di Vittorio Veneto, in area non critica. «Nessuno di questi si era vaccinato», ha sottolineato Francesco Benazzi, direttore generale dell’Usl della Marca. Si è distanti dai numeri visti nelle peggiori ondate del Covid. L’aumento dei contagi, però, non fa dormire sonni tranquilli. «I contagi stanno aumentando generalmente con focolai tra i giovani, che difficilmente arrivano a dover essere ricoverati in ospedale – conclude Peta – ma non possiamo abbassare la guardia se non vogliamo trovarci in situazioni già tristemente viste. In questo contesto il vaccino è la prima arma contro il coronavirus e contro le varianti». 

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