Nuovo Dpcm, Miozzo (Cts): «Dobbiamo rispettare le regole, ma l’economia è al collasso»

Nuovo Dpcm, Miozzo (Cts): «Lockdown unica via d’uscita, ma l’economia è al collasso»
Nuovo Dpcm, Miozzo (Cts): «Lockdown unica via d’uscita, ma l’economia è al collasso»
di Cristiana Mangani
Domenica 10 Gennaio 2021, 22:16 - Ultimo agg. 11 Gennaio, 10:36
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Assembramenti incontrollati, curva dell’epidemia in salita, davanti ai quali il Comitato tecnico scientifico lancia l’allarme: «Serve un nuovo giro di vite». Agostino Miozzo, medico e coordinatore del Cts, analizza la situazione e considera: «La cosiddetta immunità di gregge non arriverà prima della fine dell’estate, verso l’autunno. Per questo è fondamentale non abbassare la guardia». 

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Dottor Miozzo, a giudicare dalle immagini dell’ultimo fine settimana, gli italiani tollerano sempre meno le restrizioni, nonostante i contagi crescano. Dove si sta sbagliando?
«Io non credo che l’Italia stia sbagliando qualcosa, sono state fatte in Europa scelte diverse.

Noi abbiamo imposto precise restrizioni che non hanno certamente eliminato la pandemia, ma ci hanno fatto comprendere ancora meglio quanto siano efficaci per contrastare il virus, come è ovvio che sia. E infatti, le regioni che hanno avuto le restrizioni maggiori hanno visto un calo significativo dell’incidenza della malattia, le regioni che hanno avuto restrizioni meno importanti - il Veneto è un caso tra tutti - hanno avuto una incidenza che è rimasta molto elevata».

Eppure il Veneto era zona gialla, nonostante l’aumento dei casi
«La questione del Veneto con i suoi 450 casi su 100 mila per settimana ci fa dire che se non si bloccava questa incidenza avremmo affrontato l’impegno della più grande vaccinazione della nostra storia in estrema sofferenza, e non ce lo possiamo permettere. È per questo che sono state introdotte misure che hanno rivisto i parametri, con la riduzione dell’Rt. Il Veneto è una sorta di paradosso dell’eccellenza, ha lavorato bene, hanno strutture sanitarie funzionanti, e questo gli ha consentito di restare in giallo, ma lo ha penalizzato nel contagio. Così lo stesso governatore Zaia ha chiesto di passare in zona arancione, con una scelta molto coraggiosa».

Usare la manica larga dunque non aiuta, e si attende l’ondata del dopo Natale.
«Ce la aspettiamo per la fine della prossima settimana. Purtroppo, però, qui c’è la considerazione drammatica alla quale ormai siamo arrivati dopo un anno di restrizioni larghe, strette, di provvedimenti rigorosi e meno rigorosi. E cioè che, dopo un anno così, è chiaro che il paese sia in grande sofferenza. In alcune categorie sono alla disperazione: spettacolo, turismo, ristorazione, sport. Quindi, pur rendendoci conto che ovviamente la soluzione migliore sarebbe quella che abbiamo preso a marzo-aprile, ovvero il lockdown totale e nazionale, non possiamo più farlo. Ecco perché sono state immaginate decisioni dure, severe, restrittive, attraverso nuovi parametri che tentano di aiutarci ad abbassare l’incidenza, però cercando di convivere con la pandemia, e soprattutto facendo in modo che alcuni settori della vita economica e sociale del paese possano riprendere». 

Che tempi si prevedono per tornare a una vita normale?
 «L’immunità di gregge non arriverà prima della fine dell’estate, inizio autunno. I 30 milioni potenziali di vaccinati in quel periodo - secondo quanto ha riferito il commissario straordinario Arcuri - potranno mettere in sicurezza le categorie a rischio. Dovremo convivere ancora con il Covid forse per qualche anno. Anche se la vaccinazione ci consentirà di non provare più la paura che ci sta facendo adesso».

In questi giorni di relativa libertà è tornata la movida, come contrastare gli assembramenti?
«È evidente che da me non verrà alcuna giustificazione rispetto a comportamenti scorretti come quelli che abbiamo visto. Però la repressione, in questo caso, non serve. Preoccupa più il fenomeno di aggregazione che non si vede, quello nelle case, lontano da occhi indiscreti, che non quello di qualche migliaio di ragazzi nelle zone dei locali. A me viene sempre in mente che rivolgersi solo alla valutazione di tipo repressivo è sbagliato, non fai altro che stimolare i comportamenti derivanti da condizioni di proibizionismo».

E allora come intervenire?
«Serve una comunicazione mirata ai giovani. Ci sono stati tentativi che hanno funzionato benissimo, come quello di Ferragni-Fedez, dobbiamo ritornare a farli. I ragazzi non leggono i giornali né guardano la televisione, bisogna parlare la loro stessa lingua per farsi capire. Sono lontani dalla scuola da quasi un anno. Gli imponi la Dad, gli imponi di non vedersi, a Capodanno non si può festeggiare, qualcosa gli devi far fare. È necessaria una buona comunicazione, ma anche il ritorno a scuola, compresa l’università. Tutti luoghi dove sanno bene come spiegare cosa è questo virus. Anche perché, se chiudi la scuola, non puoi lasciare aperto il centro commerciale e sperare che i ragazzi lo accettino». 

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