Covid, vaccini e tamponi: ospedali sotto stress costretti a rinviare interventi che necessitano di terapia intensiva

Covid, vaccini e tamponi: ospedali sotto stress costretti a rinviare interventi che necessitano di terapia intensiva (e non solo)
Covid, vaccini e tamponi: ospedali sotto stress costretti a rinviare interventi che necessitano di terapia intensiva (e non solo)
di Graziella Melina
Mercoledì 15 Dicembre 2021, 16:47 - Ultimo agg. 16 Dicembre, 11:13
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I ricoveri per Covid aumentano, il numero dei medici a disposizione resta sempre lo stesso e così chi era in attesa di un intervento chirurgico dovrà pazientare ancora un po’. La prima Regione a metterlo nero su bianco con una circolare indirizzata a tutte le aziende sanitarie è il Veneto. Luciano Flor, direttore generale della Sanità regionale ha infatti stabilito che se necessario si dovranno sospendere tutte le attività giornaliere e settimanali di intervento medico programmato. In questo modo, sarà possibile recuperare personale da destinare anche alle vaccinazioni, ai tamponi e ai tracciamenti Covid.

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Lo stress tra le corsie

Massimiliano Dalsasso, presidente dell’Associazione Anestesisti Rianimatori Ospedalieri Italiani Emergenza Area Critica (Aaroi-Emac) del Veneto un po’ se lo aspettava. «La situazione dal nostro punto di vista è preoccupante - ammette - Abbiamo una quantità di contagi molto elevata e anche le istituzioni immaginano cambiamenti di colore e quindi nuove restrizioni a breve». Rispetto all’inverno passato, si viaggia su numeri inferiori, ma lo stress tra le corsie non dà tregua. «Un discreto numero di posti delle terapie intensive vengono occupati dai pazienti covid e questo - spiega Dalsasso - inevitabilmente va a impattare con l’organizzazione sia degli interventi critici che di quelli programmati. Anche se il numero dei contagi non è paragonabile a quello dello scorso anno, però sappiamo che se i ricoveri continuano ad aumentare si possono sviluppare situazioni drammatiche».  Dietro lo stop agli interventi non urgenti c’è ovviamente il problema della carenza dei medici. «Molti sono impegnati nelle strutture covid - precisa Dalsasso - altri devono somministrare i vaccini, e quindi bisogna giocare a fare gli incastri e riuscire a trovare le combinazioni giuste per curare i pazienti fragili e quelli che non sono urgenti. Le sale operatorie e le terapie intensive sono in altissima pressione».

La situazione nelle altre Regioni

Anche in Alto Adige c’è chi guarda all’andamento dell’epidemia con preoccupazione. Andrea Brasola, responsabile regionale dell’Aaroi-Emac lavora al servizio di anestesia e rianimazione dell’ospedale di Bolzano. «Il rischio che dovremo fare anche noi come in Veneto c’è, anche se per ora non abbiamo ricevuto disposizioni da parte dell’azienda sanitaria. Da lunedì - ricorda Brasola - abbiamo registrato circa il 25 per cento in meno di attività operatoria programmata. Questo in parte è dovuto alla riduzione delle sale operatorie e in parte alla diminuzione del personale che è stato impiegato per curare i pazienti covid».

 

Ma non c’è solo l’incognita dei contagi in aumento a preoccupare i medici di Bolzano. «Considerando che in Alto Adige è iniziata la stagione turistica - mette in guardia Brasola - se la pressione per gli interventi dovuti ai traumi è forte, si farà fatica a collocare tutti i pazienti che ne hanno bisogno nei reparti ospedalieri, anche perché è stato ridotto anche il numero dei professionisti che si occupa delle aree ad intensità di cura normale».

La previsione

La situazione negli ospedali, in realtà, preoccupa dappertutto. “Al momento nella Regione Marche siamo al 14 per cento di occupazione di posti letto e terapie intensive - precisa Marco Chiarello, presidente regionale Aaroi Emac - Qui si va verso la riduzione prenatalizia e di inizio anno, che consente lo spostamento degli interventi programmati. Le liste di attesa per le operazioni non urgenti ma già definite possono arrivare a sei mesi. La maggioranza di questi ritardi è senz’altro dovuta alla pandemia, ma poi ci portiamo dietro anche diversi interventi precedenti ancora da recuperare».

In Sicilia, Emanuele Scarpuzza, presidente regionale dell’Aaroi - Emac, sa bene che se aumentano i contagi, il personale in servizio non può bastare. «Dal punto di vista dei pazienti covid, anche se vi è un graduale aumento molto modesto - osserva Scarpuzza - alcuni interventi sono stati rinviati in tutta la regione. Purtroppo va così dappertutto per i tagli del passato. Il personale è stato ridotto all’essenziale. Nel 2015 con il decreto ministeriale numero 70, sulla definizione degli standard qualitativi e strutturali dell'assistenza ospedaliera, firmato dall’allora ministro Beatrice Lorenzin, è stato deciso di ridurre la disponibilità delle cure ospedaliere a 3 posti letto per acuti per mille abitanti. E quindi, alcuni reparti sono stati cancellati e il personale non è mai stato incrementato in ragione di una potenziale emergenza, tanto che durante la pandemia abbiamo fatto ricorso agli specializzandi. Ma se il numero dei ricoveri continua ad aumentare la situazione sarà difficile da gestire».

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