Ospedali, mancano i medici: dalle Regioni premi e bonus per coprire i turni. I casi Sardegna e Piemonte

Ospedali, mancano i medici: dalle Regioni premi e bonus per coprire i turni. I casi Sardegna e Piemonte
di Graziella Melina
Martedì 14 Dicembre 2021, 19:24 - Ultimo agg. 15 Dicembre, 15:17
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La carenza dei medici negli ospedali sta diventando ingestibile. Di personale specializzato pronto a coprire i turni nei pronto soccorso o nelle terapie intensive non se ne trova. E così le Regioni provano a giocare la carta degli incentivi. La Sardegna per esempio ha stanziato 13 milioni di euro per dare sostegno agli ospedali in difficoltà: un dirigente medico disponibile a coprire nell'arco di un mese un minimo di quattro notti riceverà un premio di 400 euro per ogni turno.

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Il Piemonte ha approvato una serie di misure, che prevedono tra l’altro incentivi economici per i medici dell’emergenza.

Le altre Regioni, invece, si barcamenano tra bandi di concorso, che vanno spesso deserti, e accordi con le università. Le proposte per uscire da questa emergenza, spiega Filippo Anelli, presidente della Federazione nazionale degli ordini dei medici Chirurghi e odontoiatri (Fnomceo), “ci sono già e sono legate al fatto di poter utilizzare gli specializzandi degli ultimi anni. Si era già fatto un tentativo con il decreto Calabria, che prevedeva una serie di passaggi burocratici tra Regioni e Università. Oggi - ammette Anelli - sembra che questo aspetto si possa superare, e se riusciamo a farlo avremo a disposizione circa 30mila specializzandi, che potrebbero essere anche impegnati per aspetti di carattere assistenziale in ragione delle competenze fino a quel momento acquisite”.

La situazione

Ma la situazione è però complicata da sbrogliare. “C’è stata un’assenza totale di programmazione, vecchia almeno di 10 anni - denuncia Pierino Di Silverio, responsabile Anaao giovani (l’associazione dei medici dirigenti) - e andava fatta prima ancora di aumentare le borse di specializzazione a 12mila per i prossimi 4 anni. Sono troppe e distribuite male. Tra 4-5-7 anni non serviranno 45mila medici, perché la gobba pensionistica vede la sua massima espressione in questi due anni. Di specialisti ne serviranno all’incirca 9-10mila. Per la nuova disciplina di medicina di urgenza abbiamo 1200 borse stanziate”. Il guaio è però che sono pochi gli studenti di medicina che sperano di poter lavorare in pronto soccorso. “Quest’anno il 35 per cento delle borse in medicina di urgenza non sono state accettate e per l’anestesia c’è un rifiuto del 15-16 per cento di posti - precisa Di Silverio - I giovani medici preferiscono altre specializzazioni. I medici di urgenza in questo periodo sono stati sottoposti ad uno stress maggiore. I turni massacranti non vengono quantificati a livello economico e professionale. Se oggi vai a lavorare in un Pronto Soccorso, guadagni 2500 ore al mese per 38 ore settimanali, con il rischio di essere malmenato dai pazienti. Per di più non c’è la possibilità di fare carriera. Chi è che ci va a lavorare?”.

Cosa serve

Per attrarre i giovani medici servirebbe innanzitutto “un riconoscimento della dignità del valore del lavoro in emergenza urgenza - rimarca Fabio De Iaco, neo presidente della Simeu (Società italiana medicina dell’emergenza urgenza) - E non mi riferisco soltanto alla valorizzazione economica. Bisogna poi chiarire che a livello nazionale, l’attesa di un ricovero in Pronto Soccorso assorbe in media tra il 30 e il 40 per cento delle risorse mediche. Significa che agendo al di fuori del pronto soccorso sull’ospedale e cercando di eliminare questo spaventoso fenomeno che è l’attesa di giorni e giorni di un posto letto, si recuperano nettamente 3 medici su 10, lasciando quindi che il personale del pronto soccorso svolga quella che è la propria funzione corretta e appropriata, ossia la gestione dell’urgenza”.

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