Covid, il plasma dei pazienti guariti non è efficace e può peggiorare la situazione clinica: lo studio su Nature

Covid, il plasma dei pazienti guariti non è efficace e non riduce rischio di morte: lo studio su Nature
Covid, il plasma dei pazienti guariti non è efficace e non riduce rischio di morte: lo studio su Nature
Martedì 14 Settembre 2021, 12:56 - Ultimo agg. 14:17
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Bocciato, ancora una volta. Nature Medicine ha pubblicato uno studio relativo al plasma convalescente nel trattamento del Covid-19, mostrando però risultati negativi: con la terapia col plasma prelevato da pazienti guariti dalla malattia, non si riduce né il rischio di finire in terapia intensiva né tantomeno quello di morte. Anzi, in alcuni casi può addirittura peggiorare la situazione clinica. La ricerca, coordinata dalla McMaster University di Hamilton, in Canada, è stata condotta tra maggio 2020 e gennaio 2021 e ha coinvolto 940 pazienti in 72 strutture tra tra Canada, Stati Uniti e Brasile. Un terzo di essi è stato curato con il trattamento standard, mentre i rimanenti due terzi hanno ottenuto, in più, la terapia con il plasma ricco di anticorpi, che è stata somministrata in media otto giorno dopo la comparsa dei sintomi. 

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I dati della ricerca

Lo studio non ha mostrato nessuna differenza significativa nel decorso della malattia tra i due gruppi: è andato incontro a intubazione o morte il 32,4% dei pazienti trattati con il plasma contro il 28% di quelli che hanno ricevuto il trattamento standard. Né ci sono state differenze nel tempo trascorso prima che si verificassero questi eventi. I pazienti che ricevevano il plasma, però, tendevano ad andare incontro a eventi avversi gravi più frequentemente rispetto agli altri: (33,4% contro 26,4%).

Nonostante questi risultati, lo studio non chiude del tutto la porta all'uso del plasma: «Un importante contributo aggiuntivo della nostra ricerca deriva dallo studio dei marcatori immunologici, che suggeriscono che il profilo degli anticorpi modifica significativamente l'effetto del plasma convalescente», scrivono i ricercatori. Lo studio ha infatti mostrato che la "composizione" del plasma utilizzato può influenzare sia l'efficacia sia le probabilità che i pazienti sviluppino effetti collaterali. Finché non si farà chiarezza su questo aspetto, però i ricercatori invitano alla cautela: «La mancanza di benefici e la potenziale preoccupazione per i danni mettono in guardia contro l'uso indiscriminato del plasma convalescente per i pazienti ospedalizzati con Covid-19», concludono.

Lo studio «Tsunami»

La terapia con plasma iperimmune - cioè quello prelevato da pazienti guariti - non riduce il rischio di peggioramento respiratorio o di morte nei pazienti che si trovano in una condizione già molto compromessa. A dirlo era stato già nei mesi scorsi uno studio clinico chiamato “Tsunami”, promosso da Istituto superiore sanità e Agenzia italiana del farmaco, e coordinato dall’Iss. I ricercatori hanno analizzato l’effetto del plasma ad alto titolo di anticorpi neutralizzanti e lo hanno associato alla terapia standard, poi hanno confrontato i risultati con quelli ottenuti seguendo solo la terapia standard in pazienti Covid con polmonite e compromissione ventilatoria.

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Lo studio ha coinvolto una rete di centri trasfusionali, laboratori di virologia e centri clinici a livello nazionale. Sono stati monitorati 487 pazienti - con comorbidità e terapie concomitanti simili - provenienti da 27 centri clinici distribuiti in tutto il territorio nazionale. A 241 pazienti è stato assegnato il trattamento combinato di plasma e terapia standard, mentre 246 hanno seguito la sola terapia standard. Ecco le conclusioni degli studiosi: «Non è stata osservata una differenza statisticamente significativa nell’end-point primario (necessità di ventilazione meccanica invasiva o decesso entro 30 giorni dalla data di randomizzazione) tra il gruppo trattato con plasma e quello trattato con terapia standard. Nel complesso Tsunami non ha quindi evidenziato un beneficio del plasma in termini di riduzione del rischio di peggioramento respiratorio o morte nei primi 30 giorni». 

La necessità di approfondimenti

L’efficacia del plasma è stata registrata solo nei pazienti con una compromissione respiratoria meno grave, ma servirebbero approfondimenti: «Questo potrebbe suggerire l’opportunità di studiare ulteriormente il potenziale ruolo terapeutico del plasma nei soggetti con Covid lieve-moderato e nelle primissime fasi della malattia», proseguono i ricercatori. «Questo studio è comunque un successo della ricerca italiana», ha detto il direttore dell’unità operativa di malattie infettive dell’Azienda ospedaliero-universitaria pisana, Francesco Menichetti, commentando i risultati dello studio Tsunami, di cui è coordinatore nazionale. «Lo studio non ha potuto dimostrare il vantaggio della terapia con plasma iperimmune nel ridurre il rischio respiratorio e di mortalità a 30 giorni - ha spiegato Menichetti - c’è però un debole segnale di beneficio se usato in pazienti che all’inizio del percorso ospedaliero hanno una non grave insufficienza respiratoria. Proprio per questo motivo vale la pena approfondire l’utilizzo più veloce del plasma iperimmune, che è sicuro e privo di tossicità. Durante il nostro studio abbiamo potuto verificare anche che il suo utilizzo non ha mai creato eventi avversi gravi».

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