Recovery fund, il 60% dei fondi Ue al Sud: ecco il piano di Speranza per ridurre il gap con il Nord

Recovery fund, il 60% dei fondi Ue al Sud: ecco il piano di Speranza per ridurre il gap con il Nord
di Ettore Mautone
Martedì 21 Luglio 2020, 10:30 - Ultimo agg. 14:09
5 Minuti di Lettura

Che si tratti dei 37 miliardi dei fondi europei del Mes, da spendere per il potenziamento del Servizio sanitario nazionale, o che si ripieghi sulla fetta di circa 30 miliardi, attinta alla più ampia torta delle risorse del Recovery fund, da dirottare sugli investimenti diretti e indiretti in Sanità, uno degli elementi chiave, posti dal ministro della Salute Roberto Speranza nell'intervista dei giorni scorsi al Mattino, è che vi sia un riequilibrio nelle assegnazioni delle risorse tra Nord e Sud. L'obiettivo del gruppo di lavoro, attivato in via Lungotevere già nel periodo preCovid, è superare i criteri di riparto del fondo sanitario nazionale stabiliti nell'ultimo decennio in Conferenza Stato Regioni che hanno visto fortemente penalizzato il Sud rispetto al Centro-Nord. Il tema centrale è anche come spendere queste risorse Ue in più che potrebbero arrivare nelle casse delle Regioni meridionali nei prossimi mesi. Al Mezzogiorno, nello scenario che si va delineando, andrebbe assegnato circa il 60 per cento delle risorse disponibili: in soldoni 22 miliardi su 37 nel caso si attivi il Mes ovvero 18 a fronte dei 30 attinti dal Recovery fund. Investimenti per i presidi ospedalieri, edilizia sanitaria, rafforzamento della sanità territoriale, nuove strumentazioni per la diagnostica, sanità digitale, telemedicina e Ricerca alcune delle rotte su cui orientare la bussola dei nuovi investimenti nella sanità soprattutto al Sud. Di suo il ministro ha anche aggiunto gli interventi per rendere il Mezzogiorno più attraente per gli investimenti del settore cruciale degli investimenti delle big del farmaco. Direttrici che, nelle Regioni che, come Campania, Puglia, Calabria e Sicilia, hanno scontato i tagli del Piano di rientro dal deficit, devono fare i conti con la priorità dell'assunzione di nuovo personale. La sola Campania ha perso in dieci anni due generazioni di medici e personale sanitario (14 mila camici bianchi) disarticolando molti servizi essenziali ridotti all'osso a cominciare dalle rete dell'emergenza e urgenza passando per i dipartimenti della medicina del territorio, (prevenzione e unità epidemiologiche collettiva che oggi svolgono il lavoro gravoso per la tracciaiblità dei casi Covid) per finire alle cure domiciliari e alla presa in carico sociosanitaria delle cronicità. Da marzo sono state effettuate circa 15.000 assunzioni al Sud (circa 1000 in Campania) ma sono quasi tutti contratti di pochi mesi che bisogna trasformare in lavoro e servizi stabili. Qui evidentemente occorre un lavoro di approfondimento serio sui costi strutturali a lungo termine che evidentemente non possono essere sostenuti solo con un piano di investimenti diluito negli anni.

LEGGI ANCHE Soldi Ue, ecco come li spenderà l'Italia 

Quello che serve insomma è un vero e proprio Piano Marshall per tappare le crepe del sistema sanitario italiano e rimettere in piedi e in efficienza quello del Sud. Operazione che mira a tirare il freno allo stillicidio della migrazione sanitaria che da lustri sottrae preziosa linfa, centinaia di milioni di euro all'anno (300 annui solo in Campania) agli investimenti nella Sanità del Sud. Il Mezzogiorno pur potendo contare su singole eccellenze assistenziali emerse con nettezza durante la pandemia, paga pegno in termini di ritardi strutturali. Il piano degli investimenti programmato dal ministero con i fondi straordinari sarebbe pluriennale e poggia innanzitutto sulla ristrutturazione della rete ospedaliera. La Campania ad esempio potrebbe raddoppiare l'attuale posta di 1,1 miliardi messa nel piatto a fine 2018 dai ministeri per accompagnare il Piano ospedaliero. Qui uno dei nodi da sciogliere riguarda la capacità di spesa: l'attuale compagine tecnica che interfaccia Regioni e Ministeri sui progetti di ristrutturazione edilizia finisce a Roma in un imbuto burocratico fatto di due Nuclei di valutazione che impiegano anni per approdare alla fase esecutiva. «Servirebbe una forte struttura di affiancamento tecnico - fanno sapere Palazzo Santa Lucia, sede della giunta regionale della Campania - che svolga un ruolo operativo teso a velocizzare e sostenere realmente le esigue forze operative delle singole Regioni ridotte all'osso dalla stagione dei tagli».
 


L'altro snodo strategico è un investimento altrettanto massiccio (si parla di 10 miliardi di cui la metà al Sud) nella cosiddetta medicina del territorio che ha funzionato male anche al Nord nei mesi scorsi. Qui si tratta di costruire una serie di strutture di prossimità specializzate ramificate nelle Asl (ambulatori, day hospital, nuclei multidisciplinari che abbiano in uso tecnologie di primo livello) ma soprattutto di assumere personale specializzato, soprattutto infermieristico e tecnico, che curi a casa i malati bisognosi di interventi semplici ma ripetuti nel tempo. C'è poi il tema dell'ammodernamento delle tecnologie che giocano un ruolo cruciale per l'innovazione e l'efficacia delle cure e che ogni dieci anni richiedono un tura-over oggi insostenibile per molte regioni che potrebbe assorbire circa 2 miliardi di euro.

LEGGI ANCHE Recovery fund, Conte: così è una vittoria 

Sullo sfondo il tema delle cronicità: il Covid-19 ha fatto emergere il grave ritardo nella riforma dei servizi territoriali mostrando la necessità di spostare l'assistenza dei malati cronici dall'ospedale al territorio puntando al massiccio uso della telemedicina e teleassistenza. «Su questo fronte l'emergenza Covid, tutt'altro che conclusa - avverte Fabrizio Starace psichiatra napoletano membro del gruppo di lavoro che ha affiancato il premier Giuseppe Conte durante l'emergenza Covid - ha posto il nostro sistema sanitario di fronte a uno stress test che ne ha messo a nudo le principali fragilità».
Fondamentale la prevenzione e i percorsi di diagnosi, cura, riabilitazione e monitoraggio come sottolineato nel corso del webinar su Cronicità e Telemedicina realizzato da Motore Sanità con il contributo indipendente di Daiichi-Sankyo. La spesa a livello Ue per le malattie croniche è pari a circa 700 miliardi di euro l'anno ed in Italia i malati cronici sono 24 milioni, assorbendo una gran parte delle risorse riversate in sanità. Diabete, asma, Bpco sono condizioni di aumentato rischio di mortalità in rapporto al Covid. L'obiettivo è orientare gli in vestimenti alla presa in carico attiva delle persone con fragilità e cronicità tramite servizi di prossimità riequilibrando Nord e Sud.

© RIPRODUZIONE RISERVATA