Omicron 5, intervista a Massimo Galli: «Reinfezioni più frequenti, così il virus buca i vaccini»

Omicron 5, intervista a Massimo Galli: «Reinfezioni più frequenti, così il virus buca i vaccini»
di Ettore Mautone
Lunedì 16 Maggio 2022, 10:00
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Massimo Galli, infettivologo, già direttore dell'ospedale Sacco di Milano: dai dati epidemiologici che giungono dal Sud Africa e dagli studi della fondazione Gimbe emerge che le nuove sottovarianti Omicron di Sars-Cov-2 sono più contagiose e tendono ad evadere dalla gabbia immunitaria, sia quella indotta da precedenti infezioni sia costruita con i vaccini. Secondo l'ultimo monitoraggio, pubblicato venerdì scorso, la percentuale di reinfezioni è del 5,8%. 

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È questa la causa della tante reinfezioni che si registrano in molti Paesi?
«Sì, è così.

Siamo arrivati fino alla versione Omicron 5 con alcune varianti frutto di ricombinazione, ossia rimescolamento genetico tra due Coronavirus in cui ceppi diversi hanno albergato abbastanza a lungo in un paziente per incrociare i loro patrimoni genetici. Evidentemente il serbatoio per lo sviluppo di queste varianti è il sud Africa».

Perché proprio lì?
«È un bacino ideale, densamente popolato e con i vaccinati che non superano il 36% (almeno una dose di vaccino). Il serbatoio umano è come un grande laboratorio in cui il virus sperimenta in condizioni ottimali quello che gli giova selezionando nuovi virus sempre più performanti».

Andiamo verso un progressivo adattamento all'ospite umano e dunque a un'attenuazione delle manifestazioni cliniche?
«La tendenza più naturale è questa, ossia quella di un fuoco che si estende con grande diffusività ma minore patogenicità. È come una grande brace che si estende rapidamente passando più volte sullo stesso luogo e che lascia dietro di sé solo una scia di fumo. Non possiamo escludere momentanee fiammate a maggiore letalità, tuttavia. Va anche detto che questo continua a infastidire anziani e fragili dove non a caso si concentrano i decessi. Del resto piccole percentuali di grandi numeri daranno sempre luogo a un numero importante di decessi. Il rapporto con le infezioni registrate in molti Paesi, compresi gli Usa, non torna in quanto la tracciabilità dei casi, i tamponi e tutto quanto è sorveglianza sanitaria negli ultimi 40 giorni sono calati drasticamente».

Casi fatali per soggetti già malati molto anziani...
«Una piccola spinta a persone già acciaccate dall'età o da altre malattie è comunque capace di abbassare la vita media di una popolazione come accaduto negli ultimi due anni e certificato da Eurostat. Nell'interazione tra virus e uomo ci sono sempre variabili individuali».

Quali variabili?
«Non siamo tutti uguali: c'è chi è più rispondente ai vaccini, chi meno. Chi non risponde affatto, chi fa molti anticorpi e ha una immunità durevole, chi ne sviluppa meno anche con tre dosi».

Conta il fatto che la copertura immunitaria tende a calare dopo qualche mese dal vaccino o infezione?
«Certo, e di fronte abbiamo sempre nuove varianti. Contiamo sempre su un vaccino sviluppato sul ceppo originario del virus. Se poi l'ultima dose del vaccino è sostituita da un'infezione con l'ultima variante siamo magari più coperti».

Ciò rende conto delle reinfezioni?
«Queste sono, ahimè, un fenomeno interessante per due aspetti: Omicron e i suoi discendenti sono molti diversi dal virus selvaggio originario. E poi rispetto alla varianti precedenti le ulteriori evoluzioni di Omicron sono in grado di bucare sia l'immunità conferita dal vaccino sia quella di precedenti infezioni. Io con tre dosi ho preso un'infezione da Omicron 1 ad esempio. Di solito sono casi non gravi che possono diventarlo invece nei non vaccinati».

Le quarte dosi in anziani e fragili vanno fatte o è meglio aspettare un aggiornamento del vaccino?
«Dovendo procedere alla cieca in anziani di cui si conosce la reattività immunitaria e il livello di risposta con le precedenti dosi io farei la quarta senza alcuna riserva in quanto i rischi legati alla vaccinazione sono pressoché nulli. Fermo restando che ci sono fragili che comunque non rispondono proprio e che altri geneticamente non sono portati alla risposta».

E la mascherina?
«Io la porto sempre con me e la uso in tutte le circostanze in cui ritengo sia utile e necessaria. Anche se ho fatto tre dosi e contratto una infezione recente e pertanto non credo di essere suscettibile. Mi stupisce che Ecdc (Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie) e Aesa (Agenzia europea per la sicurezza aerea) abbiano stabilito la non obbligatorietà sugli aerei dal prossimo 16 maggio. Una posizione più politica che scientifica. Io dico invece che la mascherina resterà un presidio prezioso di prevenzione a protezione di persone fragili e suscettibili per lungo tempo. Chi dice il contrario lo fa per ragioni diverse da quelle scientifiche. Non ha alcun senso derogarne all'uso in luoghi a rischio e affollati fino a che avremo una così massiccia circolazione virale. C'è poi chi, nel largo pubblico, con poca scienza e razionalità nel suo bagaglio, la ritiene davvero una costrizione. Ma questo muro nessuno riuscirà mai a scalfirlo». 

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