Riaperture, Abrignani (Cts): «Mascherine e distanze, avanti anche in autunno. Nessun ritorno alla normalità se rinunciamo alle protezioni»

Riaperture, Abrignani (Cts): «Mascherine e distanze, avanti anche in autunno»
Riaperture, Abrignani (Cts): «Mascherine e distanze, avanti anche in autunno»
di Mauro Evangelisti
Domenica 18 Aprile 2021, 22:25 - Ultimo agg. 19 Aprile, 07:00
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Aprire si può. Con gradualità, con le misure di precauzione come mascherine e distanze che dovremo mantenere anche in autunno. E proteggendo sempre di più le persone fragili, soprattutto gli over 65, con i vaccini, ma anche potenziando i test rapidissimi, quelli salivari, da effettuare magari prima di un concerto o di entrare allo stadio. «Mi arrabbio quando sento parlare di rischio non calcolato. Al contrario, c’è una massa di dati, su cui lavorano i migliori epidemiologi italiani, che ci consentono di operare sui vari scenari per andare alle riaperture». Il professor Sergio Abrignani, immunologo della Statale di Milano, è uno dei nuovi nominati nel Comitato tecnico scientifico nella versione aggiornata e più snella voluta dal premier Draghi. Difende la scelta del governo che consentirà, il 26 aprile, parziali riaperture, dai ristoranti all’aperto agli spostamenti tra regioni. 

C’è chi dice: si tratta di un rischio calcolato male, in Italia ci sono ancora troppi positivi, Sars-CoV-2 sta circolando molto.
«Chi parla di rischio non calcolato o calcolato male, sbaglia. Non sa che si sta lavorando su una massa di dati che vengono elaborati da epidemiologi ed esperti di altissimo livello, i migliori in Italia, come Donato Greco, Giuseppe Ippolito, Gianni Rezza, Silvio Brusaffero, specialisti esterni come Stefano Merler. E intanto sentiamo parlare persone che criticano senza leggere quei dati e che non hanno idea di cosa sia l’epidemiologia. La certezza sul futuro non ce l’ha nessuno, il rischio zero non esiste, questo lo sappiamo. Ma sia chiaro che le decisioni vengono prese su scenari elaborati in base a dati che ci aiutano a trovare un equilibrio tra la necessità di garantire la sicurezza sanitaria e quella economica».

Perché ci possiamo permettere di riaprire?
«Stiamo aumentando il numero dei vaccinati. Già oggi la curva dei decessi tra operatori sanitari, rsa e over 80 è stata abbattuta. Per fine maggio avremo protetto altre 12-14 milioni di persone. Tenga conto che il 95 per cento dei decessi è tra gli over 60. Nel caso degli ultra ottantenni purtroppo circa il 20 per cento di chi si infetta muore.

Per i settantenni siamo vicini al 10 per cento, mentre questa percentuale scende per i sessantenni. Dunque, proteggendo i più fragili, soprattutto gli anziani, vedremo diminuire i decessi. Già oggi più dell’80 per cento degli ottantenni ha ricevuto almeno la prima dose».

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Le sole vaccinazioni non sono sufficienti.
«Esatto. Dobbiamo proseguire con l’uso delle mascherine e il distanziamento, precauzioni che saranno necessarie anche in autunno. Bisogna vigilare contro gli assembramenti e il mancato rispetto delle regole. Al contempo bisogna aumentare, notevolmente, i test rapidi».

Se ne stanno già facendo molti, ma i test antigenici comunque non sono così veloci.
«Io parlo dei test salivari. Ci sono nuove tecnologie, negli Stati Uniti prevedono di farne anche 500 milioni alla settimana. In 4-5 minuti hai il risultato. C’è un margine di errore, è vero, attorno al 5 per centro, ma puoi usarli ad esempio per testare chi va a un concerto o in un luogo frequentato da molte persone. Riduci comunque drasticamente le probabilità di contagio. Da soli i test salivari non bastano, ma se intanto la maggioranza degli italiani sarà protetta dai vaccini e al contempo manterremo l’uso delle mascherine, avremo comunque un punto di equilibrio».

Quando potremo tornare nei ristoranti al chiuso?
«Difficile fare previsioni. In estate meglio approfittare della possibilità di restare all’aperto. Con molte persone vaccinate in autunno tutto sarà comunque più semplice».

 

Non teme che la diffusione delle varianti possa ridurre l’effetto positivo delle vaccinazioni?
«Le varianti sono un’insidia, ma quella prevalente in Italia, l’inglese, per fortuna non aggira il vaccino. Inoltre, dopo i timori iniziali, si è capito che non ha una letalità maggiore rispetto al ceppo di Wuhan. Per quanto riguarda la brasiliana e la sudafricana in Italia ancora sono presenti in percentuali basse e i vaccini, comunque, anche per queste mutazioni garantiscono una protezione dalla malattia grave. Questo è ciò che conta. Se riusciamo ad abbattere la letalità, se diventa più o meno come quella dell’influenza grazie ai vaccini, allora, sia pure sempre con prudenza, potremo convivere con questo virus».

Quando avremo un effetto visibile delle vaccinazioni?
«Partiamo da un dato: ora abbiamo superato quota 350mila vaccinazioni giornaliere, presto arriveremo a mezzo milione, questo ci fa dire che a metà maggio la maggior parte degli over 65 sarà stata protetta. Anche perché la prima dose dopo due-tre settimane, per tutti e tre i vaccini che stiamo usando, assicura una forte protezione ed evita i decessi. Per questo, sono convinto che nelle prossime settimane vedremo diminuire il numero dei morti per Covid. E per questo possiamo iniziare riaperture graduali, senza azzardi. Il caso del Regno Unito ci dimostra l’efficacia dei vaccini. Loro sono partiti a gennaio da 1.500 morti al giorno, ora sono con qualche decina. In autunno probabilmente torneremo a una normalità che comunque ci chiederà di continuare a usare le mascherine e a rispettare le distanze. Ma l’obiettivo deve essere diminuire la letalità: oggi è al 2,5 per cento, se riusciamo ad abbatterla con i vaccini, lo ripeto, a quel punto possiamo accettare di convivere con questo virus». 

 

Torniamo alla domanda iniziale: non teme che, come prevede qualcuno, queste riaperture si riveleranno una scommessa che non ci possiamo permettere?
«Non stiamo facendo ripartire tutte le attività contemporaneamente, non stiamo riaprendo tutto in una volta. C’è una progressione, che ci consente di misurare gli effetti, e al contempo di vedere aumentare, giorno dopo giorno, il numero delle persone vaccinate. In parallelo manteniamo le misure di precauzione, i controlli e il contrasto del mancato rispetto delle regole. Da esperto di malattie infettive se mi chiedessero “come facciamo ad eliminare questo virus?”, dovrei rispondere: “tenendo tutti in casa per altri sei mesi”. Ma non si può fare, non è sostenibile, dunque va trovato un punto di equilibrio. E le assicuro: è un rischio calcolato, basato sui dati, non è un azzardo». 

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