«Scompenso cardiaco scambiato per Covid: patologie in aumento tra i giovani»

«Scompenso cardiaco scambiato per Covid: patologie in aumento tra i giovani»
Giovedì 30 Settembre 2021, 16:53 - Ultimo agg. 1 Ottobre, 00:01
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Scompenso cardiaco, è allarme in Campania. La sindrome clinica complessa, definita come l’incapacità del cuore di fornire sangue in quantità adeguata rispetto all’effettiva richiesta dell’organismo1, è una patologia cronica, invalidante ma può non essere facile arrivare alla diagnosi.

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I numeri segnalano un aumento dei casi nel tempo. In particolare, il programma nazionale Esiti 2020 dell’Agenas, relativo al periodo 2012/2019, mostra che in Campania, in media, la frequenza di ospedalizzazioni per scompenso cardiaco è elevata. I dati di mortalità entro i 30 giorni dalla dimissione sono in media con il dato nazionale, ma ci sono grandi differenze tra una provincia e l'altra. Franco Guarnaccia, presidente dell’Arca (associazione regionale cardiologi ambulatoriali) in Campania, aggiunge una ulteriore considerazione: «Durante la pandemia i ricoveri ospedalieri per infarto miocardico si sono ridotti fino al 30 per cento anche nella nostra Regione, così pure le ospedalizzazioni per scompenso cardiaco.

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Significa che molti pazienti hanno scelto di rimanere a casa, e questo ha comportato un peggioramento della loro condizione, con conseguenze importanti. Noi cardiologi ambulatoriali ci troviamo, oggi, a gestire non solo pazienti scompensati con situazioni cliniche aggravate ma anche tanti nuovi pazienti, spesso purtroppo anche giovani». Tra i 45-50 anni. «Questo perché – afferma Guarnaccia –sono stati misconosciuti i segnali tipici dello scompenso, come la dispnea o la fame d’aria, scambiati invece per sintomi da Sars Covid-19». Di qui l'importanza di porre attenzione sul problema: Novartis – in occasione della Giornata mondiale del Cuore – promuove sul territorio regionale un progetto di "medicina di iniziativa" in collaborazione con Arca.

Coinvolti, nel mese di ottobre, i medici di famiglia che inviteranno nei propri studi i pazienti scompensati e i loro caregiver per approfondire, affiancati dai cardiologi.

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