Vaccino, a gennaio quante dosi alle Regioni? Lombardia in testa (305.000), la classifica

Vaccino, a gennaio quante dosi alle Regioni? Lombardia in testa (305.000), la classifica
Vaccino, a gennaio quante dosi alle Regioni? Lombardia in testa (305.000), la classifica
Mercoledì 16 Dicembre 2020, 15:49 - Ultimo agg. 30 Dicembre, 12:02
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Il piano nazionale vaccini parte a inizio 2021, con la possibilità di anticipo sperimentale per qualche centinaio di persone subito dopo Natale. Il piano è stato illustrato oggi nell'ambito della conferenza stato-regioni che ha anche determinato la ripartizione della dosi. Prima regione sarà la Lombardia con 304.955 dosi, ultima la Valle d'Aosta con 3.334. Il «riparto» della prima tranche di vaccini che sarà distribuita direttamente dalla casa farmaceutica Pfizer alle Regioni è stato reso noto oggi dal commissario straordinario per l'emergenza coronavirus Domenico Arcuri.

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Nel complesso, per questa prima tornata la cui somministrazione partirà forse il 6 gennaio dopo il «V-day» europeo entro il 2020, le dosi attese sono 1.833.975. Di seguito la ripartizione: Abruzzo: 25.480; Basilicata: 19.455; Calabria: 53.131; Campania: 135.890; Emilia Romagna: 183.138; Friuli VG: 50.094; Lazio: 179.818; Liguria: 60.142; Lombardia: 304.955; Marche: 37.872; Molise: 9.294; Bolzano: 27.521; Trento: 18.659; Piemonte: 170.995; Puglia: 94.526; Sardegna: 33.801; Sicilia: 129.047; Toscana: 116.240; Umbria: 16.308; Valle d'Aosta: 3.334; Veneto; 164.278.

La seconda fornitura garantita da Pfizer sarà di 2.507.700 dosi, che consentiranno nelle settimane successive di somministrare la seconda dose alle «categorie prioritarie» e di avviare la vaccinazione della popolazione più fragile.

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Vaccino, 8 italiani su dieci verso il sì

Per la metà degli italiani il vaccino anti Covid-19 non deve essere obbligatorio ma una libera scelta dei singoli cittadini. Eppure, l'atteggiamento verso il vaccino non è negativo, visto che otto italiani su dieci sono intenzionati a farlo. Anche se oltre la metà dei favorevoli, piuttosto che farlo subito, preferirebbe aspettare qualche mese. Resta uno zoccolo duro del 19% che non farebbe in ogni caso il vaccino. È quanto emerge da un sondaggio Emg-Different/Adnkronos. Alla domanda sulla obbligatorietà o facoltatività, il 53% del campione risponde che il vaccino debba essere una libera scelta; il 37% ritiene invece che debba essere obbligatorio per tutti, mentre il 10% non risponde. Tra chi opta per il vaccino 'libera sceltà, le donne al 56% appena sopra gli uomini al 50%. Diversificata la risposta per fasce d'età. Tra chi vuole il vaccino facoltativo, il 62% ha meno di 35 anni, il 58% è nella fascia tra 35 e 54 anni, mentre solo il 44% ha più di 55 anni. Nella divisione geografica, spicca il 71% del Nordest tra i favorevoli alla libera scelta. Dato che scende al 61% al Sud, al 55% al Nordovest, al 46% nelle Isole, fino al 30% al Centro.

Sostanzialmente positivo l'approccio al vaccino, anche se il 19% risponde che se fosse disponibile oggi non lo farebbe. Il 77% del campione si dichiara disponibile a sottoporsi al vaccino: di questi, il 34% lo farebbe subito senza esitazioni, mentre il 43% aspetterebbe qualche mese prima di vaccinarsi. Il 4% degli intervistati non risponde. Tra quanti dicono di voler fare il vaccino, l'82% di uomini e il 73% di donne. Risultato diversificato in base alle fasce d'età: sempre sui favorevoli a vaccinarsi, il 63% è under 35; il 71% nella fascia tra i 35 e i 54 anni; ben il 90% ho più di 55 anni. Numeri alti tra i favorevoli al vaccino nel Nordest (con l'87%) e al Centro (85%); al Nordovest il dato si attesta al 78%, in linea con il dato medio nazionale; si scende invece nelle Isole (71%) e al Sud (65%). Il sondaggio, rappresentativo della popolazione italiana maggiorenne per sesso, età, regione, classe d'ampiezza demografica dei comuni, è stato realizzato il 14 dicembre 2020 con il metodo della rilevazione telematica su panel, su un campione di 1664 casi (universo: popolazione italiana maggiorenne), e presenta un intervallo fiduciario positivo/negativo del 2,3%. Totale contatti: 2000, tasso di risposta 83%; rifiuti/sostituzioni 336 (tasso di rifiuti 17%).

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La situazione in Toscana

«Noi avremo una dotazione di 116.240 vaccini: la campagna vaccinale partirà proprio i primi giorni dell'anno, e appunto per questo abbiamo già predisposto l'iter per le prenotazioni». Lo ha affermato Eugenio Giani, presidente della Regione Toscana, a margine di una conferenza stampa per annunciare aiuti economici alle categorie del commercio. «Ieri - ha spiegato - abbiamo formulato una richiesta che è quella di arrivare a 50.000 operatori sanitari disponibili al vaccino: ecco, già in questo momento abbiamo 35.000 richieste, e queste 35mila richieste sono una cosa molto importante perché significa che c'è la volontà di farsi il vaccino da parte degli operatori sanitari. Simbolicamente i vaccini potranno essere somministrati a qualcuno, per ciascuna delle 20 regioni, anche prima del 31 di dicembre. Secondo me questo è importante, è un segnale importante, perché i primi vaccini in Italia quindi saranno somministrati nel 2020».

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La situazione in Emilia Romagna

«È un'ottima notizia il via libera dato stamattina dalla Conferenza Stato-Regioni al piano vaccini presentato dal Commissario per l'emergenza Domenico Arcuri. Condivido in pieno questa accelerazione. E mentre attendiamo le indicazioni operative che saranno inviate dal Commissario alle Regioni, voglio dire che l'Emilia-Romagna è già al lavoro per rendere concreta l'opportunità per tutti di fare il vaccino, secondo il calendario di priorità definito dal Governo. A partire dai professionisti impegnati negli ospedali e nelle case di riposo per anziani». È quanto afferma l'assessore regionale alla Salute, Raffaele Donini, commentando la notizia secondo la quale già dai primi di gennaio potrebbero prendere il via le vaccinazioni nel nostro Paese. «Sarà una operazione molto importante - spiega Donini - rispetto alla quale stiamo comunque già lavorando. È già stata inviata, tra l'altro, una nota a cura della Direzione generale dell'assessorato per acquisire, da parte del personale sanitario, una disponibilità alla vaccinazione. Non sarà, questa, l'adesione formale al programma vaccinale da parte dei singoli professionisti della sanità, ma sarà comunque un elemento utile alla ricognizione organizzativa preliminare, necessaria anche alla definizione delle scorte necessarie per la nostra regione».

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