Vaccino low cost in arrivo dall'America, primi test sull'uomo in Brasile e Messico

Il biologo Jason McLellan (foto Università di Austin, Texas)
Il biologo Jason McLellan (foto Università di Austin, Texas)
di Riccardo De Palo
Lunedì 5 Aprile 2021, 19:10 - Ultimo agg. 6 Aprile, 07:21
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C’è un nuovo vaccino contro il Covid-19 che sta avviandosi verso i primi test clinici in Brasile, Messico e Tailandia e che, secondo il New York Times, potrebbe rivelarsi vincente nella lotta contro la pandemia. Lo stesso papa Francesco ha lanciato un appello, perché i vaccini siano disponibili ai paesi poveri. E nella strategia globale contro il virus, aiutare tutto il mondo a uscire dall’emergenza ha un senso anche per i paesi ricchi: se vogliamo uscirne, tornare a viaggiare e tornare alla vita normale, il virus deve scomparire dalla faccia della terra.

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Il nuovo vaccino molto promettente si chiama NVD-HXP-S, ed è il primo concepito secondo una nuova tecnologia, che dovrebbe (nelle aspettative degli esperti) indurre alla produzione di anticorpi più potenti, rispetto ai vaccini oggi in uso. Non solo: produrlo sarà molto più facile ed economico.

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I vaccini esistenti, come Pfizer, AstraZeneca, Johnson & Johnson, Moderna, devono essere prodotti in stabilimenti specializzati, che usano componenti e macchinari (come i bioreattori) difficili da reperire. Invece, il nuovo vaccino può essere prodotto da banali uova di gallina - le stesse che servono a mettere a punto gli attuali preparati contro l’influenza. 

Se saranno provate la sicurezza e l’efficacia di NVD-HXP-S, gli stessi produttori di anti-influenzali potrebbero, in teoria, produrre un miliardo di dosi l’anno, nota il giornale americano. Questo renderebbe il processo molto meno costoso, e metterebbe a disposizione anche dei paesi poveri un prodotto utile a debellare la pandemia. 

La svolta

Secondo Andrea Taylor, vice direttore del Duke Global Health Innovation Center, potrebbe trattarsi di una vera svolta nelle armi a disposizione contro il coronavirus. Ma prima di cantare vittoria, bisogna attendere la prima fase della sperimentazione, che si concluderà a luglio, e attendere altri mesi prima di raggiungere il verdetto finale.  Bruce Innes del PATH Center for Vaccine Innovation and Access, che ha coordinato lo sviluppo di NVD-HXP-S,  sostiene già che si tratta di un “vaccino di prima classe”. 

Nel caso del coronavirus, come sappiamo, bisogna “colpire” la sua principale caratteristica, ovvero la proteina spike che gli serve per penetrare nella cellula e replicarsi.

Ma talvolta queste proteine assumono una forma diversa, inducendo così il sistema immunitario a produrre gli anticorpi sbagliati. 

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Quando, nel 2015, ci fu l’epidemia da MERS, dovuta a un altro coronavirus, il biologo strutturale Jason McLellan, e altri suoi colleghi della Geisel School of Medicine di Dartmouth, cercarono di produrre un vaccino. Volevano usare la proteina spike come “obiettivo”. Ma presto capirono che questa ha la pessima abitudine di cambiare forma. Quando si prepara a fondersi con una cellula, si contorce e assume una forma allungata, come quella di un tulipano. Gli scienziati parlano di “forme di prefusione” e di “postfusione” della proteina spike. Gli anticorpi contro le prime funzionano molto bene, ma non quelli contro le seconde.
 

McLellan e i suoi colleghi hanno così trovato un modo di mantenere la proteina bloccata in questa forma da “prefusione”. Per farlo, hanno cambiato alcune delle componenti della proteina in un amminoacido chiamato prolina. La risultante spike - chiamata 2P, dalle due molecole di prolina che contiene, era molto più incline ad assumere la forma desiderata, simile a un tulipano. Iniettando queste spike 2P nei ratti, i ricercatori si sono resi conto che gli animali erano molto più protetti dal coronavirus che produce la MERS, che provoca polmonite come il Covid ma è molto più letale. La spike così modificata è stata brevettata, e poi è stata dimenticata. La MERS non è mai diventata un’emergenza planetaria e meno di mille persone sono morte nel mondo, per via alla sua modesta contagiosità.

Ma poi, quando è emerso il Covid-19, McLellan e i suoi colleghi sono entrati in azione, producendo una spike 2P adatta per un vaccino contro il SARS-CoV-2. Moderna ha usato questi studi per il suo vaccino, che contiene una molecola genetica - il famoso RNA messaggero - con le istruzioni per produrre la spike così modificata e “stabile”. Altre aziende hanno tentato la stessa strada per produrre i loro vaccini: Johnson & Johnson, Moderna e Pfizer-BioNTech. Stessa strada è stata seguita da Sanofi e Novavax.

 

McLellan ha così aperto la strada, ma poi ha cercato di perfezionare il suo metodo. Se cambiare due proline bastava per migliorare un vaccino, alcuni trucchi aggiuntivi potevano fare ancora meglio. «Aveva senso, per avere un’arma migliore», ha detto al New York TImes McLellan, che oggi è professore associato all’Università di Austin, in Texas. 

La ricerca dei futuri vaccini

Lo scorso marzo, il ricercatore ha lavorato con altri due laboratori texani diretti da due biologi, Ilya Finkelstein e Jennifer Maynard. Sono state create così altre 100 proteine spike, ognuna con un elemento alterato. Grazie ai fondi della Fondazione Gates, le hanno testate tutte, e hanno combinato le più promettenti in nuove spike. Ora, hanno finalmente trovato la singola proteina che sembra migliore nella produzione di un vaccino: coniene due proline nella spike 2P, più altre quattro proline addizionali. McLellan ha chiamato questa spile HexaPro, in onore dei sei aminoacidi che la contraddistinguono.

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La sua struttura sembra ancora più stabile della 2P, hanno riscontrato gli scienziati. E McLellan ora spera che le sue caratteristiche si rivelino vincenti anche in un vaccino. E spera anche che i vaccini a base di HexaPro raggiungano anche i paesi in via di sviluppo. 

A questo fine, l’Università del Texas ha stretto un accordo di licenza con 80 paesi - di reddito pro capite basso o medio - perché usino questa proteina nei loro vaccini, senza pagare i diritti.

Contemporaneamente, il PATH Center sta cercando di incrementare la produzione di vaccini, e di rendere il processo il più economico possibile. I primi prodotti in commercio, infatti, sono molto costosi. Quello di Moderna ha bisogno di ingredienti (come i nucleotidi che formano i “mattoni” genetici) che possono essere assemblati soltanto in aziende ad alta tecnologia specializzate. 

Così, il team di PATH ha cercato di capire se si potesse usare il metodo dei vaccini anti-influenzali, che usano le uova per riprodurre virus che viene indebolito o ucciso per essere poi utilizzato. Ed è entrato in campo un gruppo di scienziati della  Icahn School of Medicine del Mount Sinai di New York, che hanno già usato in passato un virus degli uccelli, che provoca la cosiddetta malattia di Newcastle, modificato in maniera da sviluppare vaccini contro Ebola.

Al Mount Sinai, i ricercatori hanno fatto la stessa cosa, usando proteine spike “modificate” ai virus che provocano negli uccelli la malattia di Newcastle. Così è nato il nuovo vaccino NDV-HXP-S, che è stato prodotto in aziende vietnamite, a partire da uova di gallina. Nei test sugli animali, si è già rivelato efficace. E ora siamo ai test clinici, in Vietnam e in Brasile. Il Mount Sinai sta anche cercando di vagliare l’efficacia, in test condotti in Messico, per un vaccino nasale. Nel frattemo, McLellan sta cercando di migliorare ulteriormente la sua proteina HexaPro. «Le variazioni possibili per migliorarlo sono pressoché infinite», spiega. La nuova generazioni di vaccini sta arrivando.

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