Oggi si parte. Vaccinazioni in Italia e in tutti i paesi europei con Cominarty, il prodotto anti Covid di Pfizer-BioNTech. Ma per uscire dalla palude c’è ancora un percorso lungo e ad ostacoli e prima di marzo-aprile non si potrà parlare di vaccinazione di massa. Le 9.750 dosi consegnate allo Spallanzani ieri sono sufficienti solo per una operazione simbolica. I primi, nel centro d’eccellenza romano, a ricevere l’iniezione saranno Alessandra Vergori (medico infettivologa), Alessandra D’Abramo (medico infettivologa), Omar Altobelli (operatore socio sanitario), Maria Rosaria Capobianchi (biologa) e Claudia Alivernini (infermiera). I vaccini sono stati distribuiti in tutte le regioni e dunque il V-Day interesserà l’Italia intera. Il programma, nelle prossime settimane, prevede che si cominci con operatori sanitari, ospiti e dipendenti delle Rsa, e si prosegua con gli anziani, procedendo per fasce di età. Problema: le forniture previste sono insufficienti.
L’Italia sta correndo ai ripari e sta tentando di acquistare altre fiale di Pfizer-BioNTech e del vaccino Moderna.
I casi di reinfezione esistono, ma sono rari, dunque una percentuale di popolazione superiore al 5 per cento è immunizzata. E se a maggio avremo già vaccinato tutti gli ultra sessantenni, saranno protette tutte le categorie a rischio e diminuirà molto l’impatto sugli ospedali. Detto questo, se non saranno presto autorizzati altri vaccini, difficilmente ci potrà essere l’accelerazione auspicata. Per Moderna (già validato da Fda, l’autorità americana) l’Ema si esprimerà il 6 gennaio. A differenza di Pfizer-BioNTech, questo farmaco non necessita della catena del “super freddo”. Ma in Italia nel primo trimestre arriveranno solo 1,3 milioni dosi. Discorso differente per AstraZeneca che si è impegnata a fornire già 40 milioni di fiale entro il primo semestre. Come noto, c’è stata una frenata nelle procedure di autorizzazione. Nel Regno Unito però attendono per domani l’autorizzazione dell’agenzia del farmaco britannica e questo potrebbe avere ricadute sul provvedimento analogo di Ema (Europa). Infine, l’Italia ha opzionato 53 milioni di vaccini di Johnson&Johgnson - ha un vantaggio, è monodose - ma i tempi sono più lunghi, l’autorizzazione è prevista per la primavera. In sintesi: la mobilitazione di oggi non può essere ancora considerata la partenza di una vaccinazione di massa.
PROTEZIONE
Altro nodo: quanto durerà la protezione? Non lo sappiamo, ma se dovesse essere inferiore ai sei-sette mesi, c’è un rischio: visto che la vaccinazione sarà spalmata su 9-10 mesi, c’è la possibilità che il virus resti sempre in circolazione, con il testimone che passa dagli ultimi dei non vaccinati a coloro che ricevono la somministrazione in questi giorni e che, appunto, dopo l’estate potrebbero, in linea teorica, non essere più protetti. Il professor Pier Luigi Lopalco, oggi assessore alla Sanità in Puglia, spiega: «Bisognerà monitorare la durata della protezione e, se dovesse essere necessario, tornare a vaccinare a fine 2021 coloro la cui protezione si sarà esaurita. Ma oggi non sappiamo se servirà». Passano quasi in secondo piano, per ora, i problemi logistici. Carlo Palermo, segretario nazionale di Anaao Assomed, associazione dei medici: «A preoccuparmi non è tanto la macchina organizzativa, ma sono le forniture. Non sembrano sufficienti per raggiungere in tempi rapidi una immunità diffusa». Filippo Anelli, presidente dell’Ordine Nazionale dei Medici: «Sarà giusto coinvolgere il più possibile gli studi medici sul territorio, ma sarebbe importante avere a disposizione anche altri vaccini più maneggevoli».