Vaccino, Cricelli: «Noi medici di famiglia siamo pronti, ma le regioni non ascoltano»

Vaccino, Cricelli: «Noi medici di famiglia siamo pronti, ma le regioni non ascoltano»
Vaccino, Cricelli: «Noi medici di famiglia siamo pronti, ma le regioni non ascoltano»
di Graziella Melina
Lunedì 4 Gennaio 2021, 09:57 - Ultimo agg. 12:34
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Mentre la vaccinazione anticovid comincia a prendere ritmo, anche se non per tutti, negli studi dei medici di famiglia arrivano richieste di informazioni, che però non trovano riposta. Il punto è che i medici, a loro volta, hanno già posto gli stessi quesiti alle rispettive Regioni, ma invano. «Per il momento mancano i vaccini. Nessuno ha la minima idea di quando arriveranno - ammette Claudio Cricelli, presidente della Società italiana di medicina generale e delle cure primarie - Ma soprattutto nessuno ci ha ancora comunicato come e quando saremo coinvolti».

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Nella prima fase non spetta a voi somministrare il vaccino?

«Il piano vaccinale, come in tutti i Paesi del mondo, si compone di varie fasi.

La prima riguarda il personale sanitario e gli operatori e gli ospiti delle rsa. Ricordiamo che in queste condizioni e con la disponibilità di vaccino che c'è ora, cioè Pfizer, può essere fatto solo in questi siti».

E allora lo farete nella seconda fase?

«La fase successiva, cioè quella nella quale noi dovremmo essere coinvolti, è appunto la fase due. E noi medici abbiamo già dichiarato più volte che la medicina generale ha un ruolo primario. Il vero problema, infatti, non è tanto somministrare il vaccino, quando ovviamente ci saranno le dosi necessarie, ma rintracciare le persone. Spesso però si dimentica che esiste un collegamento stretto tra ciascun cittadino italiano e lo studio di famiglia, e che disponiamo dell'elenco e delle cartelle cliniche dei pazienti da contattare».

Allora quando potreste iniziare?

«La fase due non ha una data di inizio, perché è strettamente collegata alla disponibilità di vaccino, quindi dipende da quando verranno consegnate le dosi utili per vaccinare e poi rivaccinare entro 3-4 settimane tutti gli operatori sanitari».

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Avete almeno un'idea dei tempi?

«Noi sappiamo che il 7 c'è una riunione dell'Ema nella quale verranno discussi i dati del vaccino Astrazeneca, che è stato opzionato per 400milioni di dosi dalla Commissione Europea a maggio. La ragione dei ritardi in fase due è legata al fatto che quello di Pfizer, che va conservato a meno 75 gradi, non era previsto come unico e predominante, ma come successivo e di supporto. Ora, visto che Pfizer ha anche difficoltà nel produrre e consegnare, se l'Ema dà parere positivo ad Astrazeneca, diciamo che entro gennaio-febbraio si avranno milioni di dosi di vaccino».

A questo punto sarete già pronti?

«Non ancora. Come abbiamo suggerito noi e come la Regione Toscana ha correttamente sottolineato, serve prima l'individuazione delle persone da sottoporre a vaccinazione secondo dei criteri, esattamente come facciamo per l'influenza».

E ancora non è stato fatto?

«Le Regioni stanno iniziando a pensarci. Serve un accordo che prevede l'individuazione degli studi dove viene fatta la vaccinazione, dove avverrà la consegna dei vaccini. Insomma, deve essere messa in piedi tutta l'organizzazione logistica: devono dirci quando li consegnano, dove e poi presumo che per questo servizio ci sia un compenso».

Ma siamo già a gennaio.

«Intanto ci stiamo preparando noi medici e stiamo lanciando tutte le domande in attesa che le Regioni ci convochino. Siamo pronti a utilizzare anche gli strumenti informatici per selezionare le persone che hanno la precedenza, oppure quelle non autosufficienti che dovranno essere raggiunte nel loro domicilio. Noi conosciamo la loro situazione clinica. Possiamo contattarli così come facciamo per la vaccinazione antinfluenzale».

Quanti medici di famiglia potrebbero aderire?

«Su 46mila riteniamo circa un 60-70 per cento accetteranno di vaccinare. Si ricordi che facciamo già 20 milioni di vaccino all'anno. Sappiamo come organizzarci e come avvisare i pazienti». E le Regioni non vi ascoltano? «Vedo un ritardo assoluto, dovuto al fatto che malgrado si sappia benissimo che la medicina generale è una risorsa preziosa per il servizio alla comunità, si arriva stranamente soltanto quando è troppo tardi».

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