Asili nido, via gli zeri dal Sud: sarà riconosciuto un diritto minimo

Asili nido, via gli zeri dal Sud: sarà riconosciuto un diritto minimo
di Marco Esposito
Sabato 8 Giugno 2019, 08:30 - Ultimo agg. 13:29
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Uno zero seguito da una virgola e da altri dodici zeri. Si presentano così - con pignoleria burocratica - le tabelle con i diritti riconosciuti per gli asili nido in tantissimi Comuni del Sud, anche popolosi come Casoria o Ercolano. In pratica invece dei contare i bambini al di sotto dei tre anni per stabilire il fabbisogno si sono contati i mattoni. E dove gli asili mancavano si è assegnato diritto zero, in contrasto con il buon senso e con una lettura, anche non approfondita, della Costituzione

Una vergogna iniziata nel 2015, con l'attuazione per i Comuni del federalismo fiscale, e che dovrebbe terminare, salvo colpi di coda, nel 2020. Il nuovo presidente della Commissione tecnica fabbisogni standard, Giampaolo Arachi, ha infatti invitato le parti a trovare una soluzione in tempo per i prossimi coefficienti di riparto, cioè quelli da approvare entro luglio. La vicenda, denunciata dal Mattino sin dal 2014, quando c'erano solo i documenti preparatori della Copaff, è arrivata alla svolta quest'anno grazie ai ricorsi presentati contro gli zeri al Sud da settanta Comuni del Mezzogiorno con capofila Riccia in Molise, Altamura in Puglia e Cinquefrondi in Calabria, con San Giorgio a Cremano, Monte di Procida, Succivo, San Lorenzello, San Lupo, San Giorgio del Sannio e Pellezzano a rappresentare la Campania. Il Tar del Lazio lo scorso 22 maggio ha dato piena credibilità ai ricorsi, obbligando con una ordinanza il governo a chiarire entro il 22 giugno i criteri con i quali viene ripartito il Fondo di solidarietà comunale. Il caso degli asili nido zero, infatti, è solo il più clamoroso di una serie di storture che incidono sui diritti di cittadinanza, mettendo i meridionali di fronte all'incredibile accusa di «errata residenza» e gettando un'ombra sinistra sul regionalismo differenziato. Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giancarlo Giorgetti si è in pratica rimesso alla decisione del giudice sulla vicenda dei nidi.
 
Arachi, in carica da poche settimane, non vuole quindi farsi trovare impreparato e ha invitato le parti presenti nella Commissione tecnica fabbisogni standard (Ctfs), a partire dai rappresentanti dei Comuni, a trovare una soluzione sulla base delle ipotesi tecniche della Sose, la società del ministero dell'Economia e della Banca d'Italia che materialmente effettua i conteggi. Il primo punto d'accordo è che nessun Comune si vedrà riconoscere un fabbisogno superiore al 33%, cioè al target stabilito dall'Europa sin dal 2002. Dal 2017 il limite superiore è il 46% per cui se un Comune garantisce tali servizi il relativo fabbisogno pesa sul sistema generale mentre dal 2020 la copertura si fermerà al 33% e i servizi aggiuntivi saranno a carico della fiscalità locale. Tale taglio libererà risorse per garantire un minimo a tutti, nella misura del 5%. Ed è questa la prima delle ipotesi alle quali si sta lavorando. Tuttavia il 5% non è poi così lontano dallo zero, per cui sul tavolo ci sono altre opzioni. Una è quella di applicare finalmente il Dpcm del 27 marzo 2015 che prevedeva a partire dal 2016 una copertura minima del 12%. Un vincolo sistematicamente ignorato e che trovava fondamento negli obiettivi del 2007-2013. L'ultima ipotesi è di considerare come standard appunto lo standard, cioè la media italiana la quale, per i territori a statuto ordinario è intorno al 13%.

A beneficiare della novità saranno soprattutto i Comuni della Campania e della Calabria, dove i servizi salvo rare eccezioni (come Salerno) sono particolarmente scadenti. In Calabria addirittura, ha conteggiato l'Istat, la spesa media dei Comuni per i nidi pubblici o privati convenzionati è di 88 euro per bambino residente, contro un massimo di 2.209 euro nella provincia autonoma di Trento. La copertura media in Campania è del 3,6% con una situazione particolarmente deficitaria nei grandi centri della Città metropolitana di Napoli. Le maggiori risorse dovranno naturalmente tradursi in servizi ai cittadini, sia tramite l'apertura di strutture, sia sotto forma di voucher per agevolare le famiglie che iscrivono i piccoli alle strutture convenzionate.
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