Autonomia differenziata, il caso dell'istruzione: Sud penalizzato, al Nord il budget è più ricco

Autonomia differenziata, il caso dell'istruzione: Sud penalizzato, al Nord il budget è più ricco
di Marco Esposito
Giovedì 7 Luglio 2022, 11:00
5 Minuti di Lettura

Ora. Proprio mentre sono in corso le iniziative per l'autonomia differenziata regionale, e si discute di possibili conseguenze sulla scuola pubblica nazionale, si applicano diversi trattamenti per i Comuni per la più importante delle materie in discussione: l'istruzione. I fabbisogni riconosciuti, infatti, per il medesimo capitolo di spesa vanno da 367 euro per alunno a Nola fino a 1.446 euro a Milano, il quadruplo. Ciò vuol dire che per servizi come le mense scolastiche, l'orario prolungato nelle scuole, il trasporto degli studenti un bimbo residente a Milano per l'Italia oggi vale quanto quattro bambini di Nola.

A sottolineare il paradosso è il sindaco di Napoli e della Città metropolitana, Gaetano Manfredi, non a caso firmatario della proposta di legge di iniziativa popolare per ritoccare la Costituzione in alcuni punti e chiedere, oltre a una autonomia differenziata da concedere su singole materie per ragioni motivate, livelli «uniformi» di servizi. I quali oggi non sono affatto omogenei ma anzi tendono ad allargare i divari storici proprio per l'attuazione distorta del federalismo fiscale. 

A Milano il diritto riconosciuto sull'istruzione pubblica per ogni residente nella fascia di età 3-14 anni è del 12% maggiore di quello di Roma e quasi il doppio che a Napoli. In pratica Beppe Sala può contare su un budget dell'80% più ricco di quello del collega sindaco Manfredi. E ci sono differenze molto forti, al Nord come al Sud, tra Comuni capoluogo e località dell'area metropolitana.

Come se abitare a Milano città piuttosto che a Sesto San Giovanni, o a Napoli città invece che a Giugliano o a Nola possa giustificare una differenza di diritti già a tre anni d'età.

Nella Città metropolitana di Milano il capoluogo ha un fabbisogno riconosciuto appunto di 1.446 euro ma nel secondo Comune per popolazione si scende a 811 euro, cioè esattamente (ma è un puro caso) il valore di Napoli. E nella Città metropolitana di Napoli se Giugliano, il Comune più popoloso, è a 403 a Nola, città natale di Gaetano Manfredi, il diritto riconosciuto è di appena 367 euro. 

Le differenze tra località capoluogo e cintura provinciale si spiegano per alcuni servizi, come il trasporto pubblico, perché è ovvio che la città svolga un ruolo e quindi affronti dei costi anche per i non residenti. Ma per la fascia di età 3-14 anni (cioè per scuole materne, elementari e medie) il servizio è per definizione di prossimità e valori così distanti tra loro non possono giustificarsi soltanto con la valutazione del mercato immobiliare (oggettivamente più costoso nei centri urbani). C'è anche un diverso livello dei servizi.

Trovare i numeri per elaborare i confronti territoriali non è facile: i dati sono sparpagliati tra fonti tutte pubbliche ma non dialoganti. Grazie alla Sose, società del ministero del Tesoro, sappiamo che il fabbisogno complessivo riconosciuto per la voce Istruzione pubblica all'insieme dei 6.565 Comuni delle regioni ordinarie è di 4,1 miliardi l'anno. È una voce composita, che comprende servizi indispensabili come i trasporti e le mense scolastiche, fondamentali per l'orario prolungato, così come capitoli di spesa in apparenza voluttuari come le vacanze estive a spese del Comune. Tali diritti sono riconosciuti in base alla regola piuttosto irrazionale della spesa storica: se li avevi in passato, ti toccano per il futuro con la solidarietà di tutti gli italiani. Se non li avevi, non ti spettano e non ti arriva neanche la solidarietà perché in Italia siamo solidali con chi ha più bisogno e quindi con chi vive a Reggio Emilia (1.139 euro riconosciuti) più che a Reggio Calabria (674 euro). 

Video

I diritti sui quali applicare la solidarietà per l'Istruzione pubblica sono stati calcolati per il 2022 dalla Commissione tecnica fabbisogni standard, ma con numeri indice che rendono improbi i confronti immediati. Monza per esempio pesa 0,0033997088 mentre Salerno 0,0023002202 però cifre con tanti decimali, prive di riferimento monetario, non permettono di comprendere al volo che ciascuno dei 12.986 residenti a Monza di 3-14 anni si vede riconoscere un budget di 1.082 euro mentre per i 12.245 coetanei di Salerno la somma per i medesimi servizi d'istruzione scende a 771 euro.

Di fronte alle differenze nei servizi scatta la solidarietà; ma al contrario ovvero nel senso opposto a quello che sarebbe intuitivo. Se hai tanti servizi - ecco il meccanismo perverso - hai più bisogni e dove ci sono maggiori bisogni interviene il Fondo di solidarietà comunale, che quindi copre più Milano che Napoli, più Bologna che Bari, più Venezia che Taranto, più Monza che Salerno e sostiene più Sesto San Giovanni che Giugliano. Il meccanismo, in effetti, va avanti dal 2015 tuttavia la sua lenta attuazione, spalmata in quindici anni invece dei cinque previsti nel disegno iniziale del federalismo fiscale, ne ha finora attenuato gli effetti di incremento degli squilibri. Il sistema andrà a regime nel 2030 e la carenza dei Lep, cioè di livelli essenziali delle prestazioni finanziati per tutti i Comuni in base alle esigenze reali e non ai servizi storici moltiplica gli effetti di incremento dei divari. L'unico Lep in vigore nel settore istruzione pubblica comunale è quello sul trasporto dei disabili con un finanziamento specifico a regime di 120 milioni (da assegnare anche a Sicilia e Sardegna però). Una somma significativa in sé ma di modesto impatto se confrontata con i 4,1 miliardi del capitolo Istruzione. 

La Commissione tecnica fabbisogni standard, da quest'anno presieduta da Alberto Zanardi, sta pensando di affrontare il tema per il riparto del 2023 limando alcuni servizi di lusso oggi riconosciuti solo a chi li offriva in passato - e oggettivamente fuori standard, come le vacanze estive pagate dal sindaco - per crearsi un tesoretto e incrementare i valori nei municipi finora sacrificati. Ma sarà un mero aggiustamento, lontano dall'aggredire il problema. La svolta sarà possibile solo inserendo in legge di bilancio risorse fresche, come si è fatto per i fabbisogni standard sugli asili nido e sui servizi sociali; tuttavia il tema del diritto all'istruzione non sembra all'ordine del giorno, nonostante evidenze certificate anche dai test Invalsi. A meno che le forze politiche non rivedano l'agenda e inseriscano la scuola italiana tra le priorità. Ora. 

© RIPRODUZIONE RISERVATA