Cellulosa al posto della plastica: la formula di Davide e Giovanna

Cellulosa al posto della plastica: la formula di Davide e Giovanna
di Antonio Vastarelli
Sabato 17 Agosto 2019, 08:00
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Anni fa, un noto comico sosteneva che, quando buttiamo via uno spazzolino da denti, la sua plastica inquina i mari e viene ingerita dai pesci. Così, quando ordiniamo una costosa spigola al ristorante, ci portano a tavola il nostro spazzolino. Ebbene, in futuro potrebbe non essere più così anche grazie a due cervelli in fuga campani, compagni nella vita: il napoletano Davide Mattia e la salernitana Giovanna Laudisio che, insieme alla collega sudafricana Janet Scott, hanno appena battezzato, in Inghilterra, Naturbeads, un'azienda che ha l'obiettivo ambizioso di ridurre drasticamente l'utilizzo delle materie plastiche in numerose produzioni, con un notevole impatto benefico sullo stato di salute dei mari.
 
A meno di un anno dalla sua ideazione, Naturbeads ha ricevuto un finanziamento di circa 600mila sterline, grazie ad un progetto cofinanziato da Innovate UK, l'agenzia per l'innovazione della Gran Bretagna, e Sky Ocean Ventures, un fondo di investimento creato dalla compagnia di media Sky per finanziare la ricerca applicata, votata a salvare gli oceani dall'inquinamento da plastiche. Su dieci progetti finanziati, Naturbeads è quello che riceve la dotazione maggiore.

La società è uno spin-off dell'Università di Bath creato per commercializzare una tecnologia innovativa sviluppata dai professori Scott (Dipartimento di Chimica) e Mattia (Dipartimento di Ingegneria Chimica). Grazie ad un finanziamento iniziale dell'Impact Accelerator Account dell'Università di Bath, i professori hanno completato il team con la dottoressa Laudisio, che ha assunto l'incarico di Ceo dell'azienda e ne cura lo sviluppo industriale e commerciale, mettendo a frutto l'esperienza in innovazione nell'ambito di materiali e tecnologie green maturata sia in università che in multinazionali del settore chimico. «Davide e Janet hanno pubblicato un articolo nel 2017 che ha avuto molto successo - racconta Laudisio - e hanno ricevuto richieste di materiale che non potevano soddisfare. Io, nel frattempo, ero alla ricerca di una tecnologia interessante da commercializzare, dopo le mie esperienze a Singapore e in Gran Bretagna, e abbiamo deciso di mettere insieme le nostre competenze per creare la company».

La tecnologia Naturbeads permette di produrre particelle sferiche di cellulosa da 10 a 500 micrometri (come paragone, i capelli hanno uno spessore di 50-100 micrometri). «Il processo permette di modificare le particelle per ottenere le proprietà meccaniche, ottiche e superficiali necessarie per incorporare le microsfere di cellulosa in diverse applicazioni», spiega il professor Mattia che, a soli 41 anni, dopo essersi laureato alla Federico II di Napoli in Ingegneria dei materiali, ha girato il mondo (Francia, Germania, Usa e Singapore) per approdare in Gran Bretagna dove è diventato vice-preside della Facoltà di Ingegneria di Bath, grazie al successo delle sue ricerche, per le quali ha anche ottenuto una prestigiosa borsa di studio dalla Royal Academy of Engineering Research Fellowship.

Le particelle di cellulosa prodotte da Naturbeads, a differenza di quelle plastiche che resistono nell'ambiente per centinaia di anni, sono biodegradabili al 100 per cento e potrebbero contribuire alla conversione biologica di numerose produzioni nei più svariati settori, a cominciare da quello dei cosmetici. Anche in creme idratanti, antirughe, rossetti, infatti, sono presenti microsfere di plastica, che sono state già messe al bando negli Usa, Gran Bretagna e Canada per quanto riguarda alcuni prodotti cosiddetti da risciaquo, tipo doccia-schiuma, esfolianti e dentifricio. Mentre l'Ue vorrebbe bandirne l'uso anche per detergenti, vernici, materiali da costruzione, prodotti medicinali, agricoli e di derivazione petrolifera.

Queste microbeads plastiche, troppo piccole per essere filtrate, finiscono negli scarichi dei lavandini e inquinano laghi, fiumi, oceani e spiagge. «I pesci le scambiano per plankton ingerendole: così rischiano di entrare nella catena alimentare umana con conseguenze ancora sconosciute sulla nostra salute», spiega il professor Mattia. I numeri sono giganteschi: ogni anno sono riversate negli oceani 30mila tonnellate di microbeads da prodotti cosmetici, una quantità pari a 5 miliardi di bottiglie di plastica.

Davide e Giovanna non escludono di tornare a casa, ma per ora non se ne parla. «Mi piacerebbe portare in Italia la mia esperienza imprenditoriale nell'ambito delle tecnologie innovative», afferma Laudisio. «Però portiamo prima a termine questo progetto aggiunge, - siamo già stati contattati da tre grandissimi gruppi per la loro linea di cosmetici, ma anche da aziende che vorrebbero produrre materiali da imballaggio e da costruzione biodegradabili.

Per ora c'è tanto da fare qui».

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