Manfredi oltre il coronavirus: «Borse di studio e meno tasse, per gli atenei è già dopo Covid»

Manfredi oltre il coronavirus: «Borse di studio e meno tasse, per gli atenei è già dopo Covid»
di Nando Santonastaso
Lunedì 18 Maggio 2020, 15:00 - Ultimo agg. 18:57
4 Minuti di Lettura

Più risorse e soprattutto immediatamente spendibili per università e ricerca. Numero chiuso a Medicina meno rigido del passato, anche se non sarà rimosso. Fiducia negli esami on line perché poche eccezioni non possono giustificare la cultura del sospetto ad oltranza. E digital divide da combattere, ora più che mai, soprattutto nel Mezzogiorno. Sono bastati pochi mesi per veder crescere Il peso e l'autorevolezza nel governo di Gaetano Manfredi, ministro dell'università e della ricerca. Lo dimostrano gli impegni appena sintetizzati, alcuni contenuti nel decreto Rilancio, altri in via di definizione (come il lavoro in corso con l'Ue per il ripristino del progetto Erasmus, mobilità permettendo): la sperimentata concretezza dell'ex Rettore della Federico II li fa apparire non solo credibili e seri ma anche praticabili.
 


Si parla poco del miliardo e 400 milioni che il dl Rilancio destina ai suoi settori di competenza. Sfiducia o sottovalutazione?
«Io sto ai fatti. Abbiano destinato 300 milioni per il diritto allo studio, che vuol dire sostegno alle tasse per gli studenti in condizioni particolari di reddito, aumento delle borse di studio, interventi per il digital divide. È la risposta ai dubbi sul rischio di un calo delle immatricolazioni per via della crisi economica. Abbiamo previsto, poi, altri 4mila posti da ricercatore, sia per le università sia per gli enti di ricerca. E ulteriori 550 milioni, in aggiunta ai 150 milioni già esistenti, per un grande progetto di ricerca nazionale».

Le risorse da una parte, l'utilizzo reale dall'altra: binomio incompatibile anche per i suoi settori di competenza?
«Tutt'altro. In questo caso la spesa è già stata tutta prevista. Nel senso che per il diritto allo studio gli interventi scatteranno automaticamente da settembre, all'apertura delle iscrizioni, sotto forma di riduzione delle tasse. Le borse di studio saranno previste nelle attribuzioni annuali che faranno le Regioni e le aziende regionali per il Diritto allo studio con gli appositi bandi, sempre a settembre. E per le assunzioni dei ricercatori, i concorsi cominceranno subito dopo l'estate».

Per Medicina sarà confermato anche per il prossimo anno accademico il numero chiuso?
«Intanto interveniamo sul cosiddetto imbuto formativo, ovvero il numero di borse di studio per la specializzazione medica: ne sono state al momento finanziate altre 4.200, il 50% circa in più di quelle già esistenti. Per l'accesso, poi, l'idea è di aumentare i posti dell'offerta formativa delle università: lo faremo nelle prossime settimane».

Il numero chiuso però resta.
«Sì, perché è impossibile eliminarlo: il numero di persone che aspira ad entrare a Medicina va ogni annoi da 60mila a 80mila, un terzo di tutte le iscrizioni. Un numero assolutamente non compatibile né con le possibilità di garantire una formazione di qualità ma neanche con il fabbisogno nazionale, che sicuramente è diventato più alto con la pandemia ma non a quei livelli».

È vero che nonostante tutti i problemi l'attività delle università in questo periodo non si è mai fermata?
«Assolutamente. L'offerta formativa è stata trasferita quasi interamente on line. Ma il numero dei laureati e degli esami sostenuti in quest'ultimo trimestre è stato uguale a quello dello stesso trimestre dello scorso anno. L'università non ha cioè nemmeno rallentato, è un risultato straordinario».

Intanto però i dubbi sul modo in cui si sono svoti gli esami, con studenti da remoto e senza controllo, non sono mancati.
«Noi dobbiamo avere una grande fiducia negli studenti. Ci sarà sempre qualcuno che un po' ci marcia, certo, o che ha barato ma nella quasi totalità circa un milione e 200 mila studenti hanno mostrato una grandissima serietà: è un motivo di speranza per il futuro perché i giovani rappresentano la vera energia del Paese. Accanto a loro c'è una comunità di docenti che non si è mai fermata, e lo stesso vale per le strutture amministrative degli atenei».

Digital divide: la ricerca e l'innovazione coinvolgeranno finalmente anche il Mezzogiorno?
«Si apre adesso un grande dibattito sugli investimenti per la ripartenza: è questo il tema politico centrale.
Il Mezzogiorno ha bisogno di un grande investimento su formazione, ricerca e innovazione tecnologica per le aziende. Questa dev'essere l'occasione per costruire un Paese senza divari e più equilibrato: ripartire con gli stessi squilibri di prima sarebbe un errore esiziale».

© RIPRODUZIONE RISERVATA