Coronavirus, Manfredi riapre: «L'università non si è fermata: a settembre si torna in aula»

Coronavirus, Manfredi riapre: «L'università non si è fermata: a settembre si torna in aula»
di Gigi Di Fiore
Mercoledì 22 Aprile 2020, 08:00 - Ultimo agg. 16:18
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È di continuo a Roma, per i suoi impegni di governo. Gaetano Manfredi, ministro dell'Università e ricerca già rettore delle Federico II di Napoli, parla di come il sistema universitario prepara il dopo emergenza coronavirus.
 


Ministro, il sistema universitario italiano ha retto a questa emergenza?
«Direi di sì. L'utilizzo del remoto attraverso l'informatica è stato un esperimento utile. Certo, l'attività didattica ha dovuto rinunciare alla socialità che è un valore e un momento di crescita e confronto nel rapporto docente-studente. Però, il sistema universitario ha dato una risposta immediata e positiva all'emergenza, mantenendo un'offerta formativa soddisfacente».

L'Università non ha incontrato problemi nel sistema a distanza?
«No, è stata un'esperienza positiva. Il disagio dei ragazzi è stato minimo, d'altra parte gli studenti attuali sono tutti di generazione digitale, hanno dimestichezza abituale con l'informatica».

Che dati ha su esami e sedute di laurea a distanza?
«Abbiamo fatto un primo monitoraggio fino al 20 marzo, su una popolazione studentesca di un milione e 200mila ragazzi che hanno seguito le lezioni a distanza. Ci sono stati 30mila laureati e 70mila esami con il sistema remoto. Il prossimo monitoraggio è fissato al 20 aprile, ma le prime anticipazioni danno oltre 50mila lauree e oltre 100mila esami sostenuti».

Nessun dubbio dai docenti sulle prove sostenute in questo modo?
«No, bisogna avere fiducia negli studenti. Per le prove orali, i docenti sono in video e capiscono e guardano lo studente. Sulle prove scritte, invece, esistono piattaforme sperimentate che impediscono comportamenti dolosi».

Queste esperienze didattiche potranno essere utilizzate anche dopo l'emergenza coronavirus?
«È evidente che l'Università ha bisogno di presenza, perché è fondamentale il confronto, la discussione, il dibattito. L'esperienza da remoto, però, ha creato nuove inclusioni. Penso a studenti in aree disagiate, ad esempio. Da remoto tutte le Università hanno mantenuto orari, corsi, scadenze con continuità didattica».

Come sta programmando la fine dell'emergenza?
«Abbiamo già idee su quella che definiamo la fase tre, che partirà da settembre. Contiamo per il nuovo anno accademico di riprendere l'attività nelle aule, seguendo le indicazioni che avremo sul distanziamento sociale».

Prima non sarà possibile?
«Esistono problemi sulla mobilità degli studenti. Penso ai fuori sede o agli stranieri. Dobbiamo capire la situazione sanitaria, pensando magari a differenziazioni tra varie realtà».

In che senso?
«È evidente che esistono differenze di dimensioni, iscritti e localizzazione tra le Università italiane. Sto cercando, con la Conferenza dei rettori e il Consiglio nazionale studenti, una pianificazione modulata che tenga conto di queste differenze».

Può fare qualche esempio?
«Prendiamo la Basilicata. Ha una sede universitaria con non molti iscritti, in gran parte non fuori sede. Inoltre, in quella regione, l'epidemia è stata assai contenuta. Si potrebbe pensare di cominciare prima dell'estate una piccola ripresa dell'attività didattica in presenza. Un'ipotesi non praticabile nelle regioni del nord, invece. Non solo per le statistiche sui contagi, ma anche per le dimensioni delle strutture universitarie, il numero di iscritti, la provenienza degli studenti che al 30-40 per cento sono di altre regioni e stranieri».

Al nord, dunque, la ripresa in presenza non avverrà mai prima di settembre?
«Chiariamo che la ripresa generale in presenza dovrebbe avvenire non prima del prossimo anno accademico. Ci sono problemi legati ai trasporti di lunga percorrenza. Pensi al numero alto di studenti meridionali iscritti al nord. Dovremo comprendere le regole del distanziamento sociale da seguire a settembre, legate all'evoluzione dell'epidemia. L'idea è diversificare le realtà e le situazioni ateneo per ateneo».

Cosa avverrà per i test d'ingresso a Medicina fissati il primo settembre?
«Sono prove molto frequentate, per cui troveremo ulteriori sedi per farle comunque in presenza e non da remoto, in condizioni di sicurezza. Credo che il rapporto spazio-studente vada mantenuto. In Medicina la presenza nei laboratori, l'esperienza con il paziente sono indispensabili».

Ci saranno agevolazioni sulle tasse universitarie?
«Stiamo pensando di andare incontro ai disagi di famiglie e studenti con un sistema di agevolazioni, da studiare».

La ricerca universitaria, invece?
«Pensiamo per fine anno di partire con i concorsi per i 1.600 ricercatori da assegnare agli atenei. La ricerca non si è mai fermata e l'Italia partecipa a programmi con altri Paesi. Stiamo studiando un sistema di fondi a sostegno degli atenei per investimenti digitali e tecnologici legati alla ricerca».

L'Università è pronta alla ripresa?
«Sì, ma l'Università non si è mai fermata.
Il sistema da remoto ha funzionato e ha garantito qualità. Abbiamo fatto da battistrada ad altri Paesi, che hanno espresso apprezzamenti su come il nostro sistema universitario ha risposto a questa emergenza». 

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