Insegnanti di sostegno, l'anomalia della Campania: cattedre più facili

Insegnanti di sostegno, l'anomalia della Campania: cattedre più facili
di Mariagiovanna Capone
Lunedì 10 Dicembre 2018, 07:00
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La figura dell'insegnante di sostegno è tra le più richieste. Il numero crescente di studenti con problematiche di disabilità da alcuni anni si scontra con la carenza di docenti specializzati. Tuttavia in Campania negli ultimi anni sono emersi numeri anomali, in contro tendenza con la media nazionale. Dati che hanno forse fatto emergere troppi dubbi sulle modalita con cui si provvedeva alla formazione del personale. Tra le tante anomalie, c'è quella connessa alle percentuali di contratti di supplenza, dove in Piemonte troviamo l'94 per cento di non specializzati, mentre in Campania le percentuali crollano al 28 per cento.
 
Da un dossier pubblicato da Cisl Scuola emerge il dramma di un settore che macina numeri elevati di anno in anno. In tutta Italia, nell'anno scolastico 2016/2017 ai 96.466 docenti di sostegno se ne dovevano aggiungere altri 134.607 (pari al 39,5 per cento); in quello successivo i numeri sono aumentati fortemente pur essendo aumentati gli insegnanti effettivi (passati a 100.071) ossia 154.432 deroghe in più, pari al 54,3 per cento. Emerge però una anomalia: al Sud (in particolare in Campania) i docenti aventi diritto sono molti di più rispetto a Centro e Nord.

A novembre mancavano all'appello in Campania circa 650 docenti in possesso di titolo, di cui 350 posti solo a Napoli, soprattutto nelle scuole superiori di secondo grado e primo grado (qui servono almeno 250 insegnanti), seguita da Salerno senza 170 insegnanti abilitati sul sostegno e Caserta con 110. Per colmarle, si può fare ricorso alle assunzioni a tempo determinato, e qui emergono altre anomalie. Ben 51.107 (il 75,2 per cento del totale) le figure non specializzate supplenti a livello nazionale, ma se in alcune regioni la scopertura nei contratti di supplenza arrivava al 94 per cento, come in Piemonte, in Campania le percentuali sono scese ad appena il 28 per cento.

La carenza di insegnanti di sostegno dipende dal fatto che la procedura è molto complessa e servono numerosi titoli. Prima di tutto bisogna iscriversi al «Tfa sostegno», ovvero si sostiene una prova preliminare e successivamente delle prove concorsuali, una scritta e una orale. Inoltre, sono cambiati i modi per accedere alla professione, è indispensabile la frequenza di un corso di specializzazione. Fino al 2019 vige un periodo di transizione per preparare l'ambito della scuola alla totale abolizione del Tfa (Tirocinio Formativo Attivo) che lascerà spazio al Fit (Formazione iniziale e tirocinio), ossia il percorso di formazione iniziale, tirocinio e inserimento nella funzione docente, della durata di tre anni, che porterà non più abilitazione tradizionale ma a un concorso con successiva formazione pratica nell'ottica di una procedura selettiva.

In attesa di reperire personale con il corso citato nel decreto, l'accesso al percorso formativo prevede il possesso di determinati requisiti da parte dell'aspirante insegnante di sostegno tra cui alcuni diplomi, che possono essere presi anche all'estero. Basta pagare, tra i 1.500 ai 3.000 euro, presenze ridotte all'osso, ed ecco che si conquista l'agognata pergamena. Nel frattempo gli istituti scolastici, per sopperire alle cattedre vacanti, che aumentano specialmente in periodo prenatalizio, valutano il conseguimento di altri master, come il Dsa (disturbi specifici dell'apprendimento) o il Bes (bisogni educativi speciali). E anche in questo caso piattaforme e-learning e scuole telematiche aiutano nel conseguimento dei master, ovviamente con iscrizioni a molti zeri, presenze minime se non solo virtuali.
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