Giovani ricercatori, l'Ue premia precaria dell'Orientale: «Così do lavoro a miei colleghi»

Florinda De Simini, unica vincitrice di un ERC Starting Grant 2018 affiliata a un'università del Sud
Florinda De Simini, unica vincitrice di un ERC Starting Grant 2018 affiliata a un'università del Sud
di Cristian Fuschetto
Venerdì 24 Agosto 2018, 13:59
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«Avrei potuto essere una disoccupata, questo premio lo avrei vinto lo stesso. All’Europa basta unicamente il profilo scientifico, non l’appartenenza a una struttura». Trentacinque anni, ricercatrice a tempo determinato all’Orientale, dove da qualche anno insegna Storia dell’India Antica e Medievale, Florinda De Simini si è appena aggiudicata il riconoscimento più ambito da ogni giovane studioso europeo armato di sola competenza ma senza ancora una “casa”.

Assegnato dal Consiglio Europeo della Ricerca (Erc), lo Starting Grant ha questo di speciale: è un bando ricco, ogni borsa ammonta a 1,5 milioni di euro per un progetto quinquennale, ed è rivolto a ricercatori che abbiano conseguito il dottorato da non più di 7 anni. Stop, nessuna affiliazione a enti di ricerca e università, nessun punteggio extra per accademici di rilievo inseriti nel team, serve solo una struttura che si impegni a ospitare il giovane studioso in caso di finanziamento. «Basta una buona idea e un bel progetto», osserva Florinda. E, ovviamente, un profilo che lo renda credibile. E quello della giovane studiosa partenopea lo è.

Dopo la laurea in Lettere classiche alla Federico II comincia a studiare sanscrito e indologia all’Orientale, dove consegue la laurea magistrale, quindi un dottorato in Studi Indologici e tibetologici a Torino e poi perfezionamento all’estero, l'International Institute for Asian Studies di Leida e l'Università di Amburgo. E tra un’università e l’altra, tante missioni in India. Molti articoli, un libro per specialisti pubblicato con la prestigiosa DeGruyter e uno sul Buddismo per non addetti ai lavori, pubblicato da Carocci.
 
Alla ricerca (storica) dell’anima indiana
Il progetto si chiama “Shivadharma” (Translocal Identities. The Śivadharma and the Making of Regional Religious Traditions in Premodern South Asia), significa “religione di Shiva” e mira ad approfondire dal punto di vista storico e sociale una delle più importanti tradizioni religiose indiane, lo shivaismo, in un arco temporale vastissimo, dal VII al XIX secolo. Verranno esaminate le prove storiche relative a una collezione di testi sanscriti noti sotto il nome di “Śivadharma” molto influenti in Nepal, nell’area del Deccan (con collegamenti con la costa dell’Andhra), nella zona nord-orientale del Golfo del Bengala. Si tratta di testi composti tra il VI e il VII secolo, per lo più legati al mondo istituzionale e ad aspetti culturali di un fenomeno al contempo religioso e laico, offrendo così accesso a informazioni importanti anche sugli aspetti materiali e pratici dello shivaismo.

Basata su fonti primarie come iscrizioni, immagini e manoscritti, la ricerca permetterà anche di digitalizzare la documentazione e metterla online, in modo da fare uscire questi studi dai confini specialistici e avviare un confronto anche con altri studiosi, dagli storici che si occupano di medioevo europeo agli orientalisti più interessati ai soli aspetti filosofici dell'Asia Meridionale. «Finora l’India e le sue tradizioni sono state studiate quasi esclusivamente con un approccio dottrinario o filosofico, un approccio più rigorosamente storico mancava. Ho notato che alcune ricerche simili avevano già destato l’interesse dei valutatori europei e ci ho provato. Per fortuna è andata bene». 
 
La globalizzazione e il bisogno di conoscersi   
Naturalmente non è solo questione di fortuna. In piena globalizzazione l’interesse dei paesi occidentali nei confronti dell’Asia è nella natura stessa delle cose. La Cina, vabbé, ma non c’è solo il Celeste Impero. Anche l’India è un paese in crescita, investe in tecnologia e comincia a rappresentare un mercato di rilievo anche per l’Italia. L'ultimo bollettino della Sace, per esempio, suggerisce l'India tra le principali destinazioni, con un aumento dell’export italiano di oltre il 15% nel secondo trimestre del 2018 (ultimo dato disponibile). La brillante performance delle vendite made in Italy sul mercato indiano riflette i progressi del Paese asiatico sul versante economico: il pacchetto di riforme varato dal governo Modi, lo sviluppo del programma Make in India e gli investimenti pubblici e privati nel settore delle infrastrutture sono solo alcuni dei fattori che - sostiene la Sace - faranno dell'India una delle geografie emergenti più promettenti anche nei prossimi anni. La crescita dell'economia del secondo più popoloso Paese asiatico per il biennio 2018-2019 è +15,3%. Pil, export, trend economici, tutto questo è strettamente legato alla cultura perché, come spiegava Benedetto Croce, «Il bisogno pratico conferisce a ogni storia il carattere di storia contemporanea, perché, per remoti e remotissimi che sembrino cronologicamente i fatti che vi entrano, essa è, in realtà, storia sempre riferita al bisogno e alla situazione presente, nella quale quei fatti propagano le loro vibrazioni». L’induismo del VI secolo, lo shivaismo, la percezione di Shiva nel X secolo e le mille declinazioni artistiche, sociali, spirituali che nel tempo ne sono germinate sono quindi storia contemporanea perché in un contesto globalizzato e al cospetto di nuovi equilibri geopolitici, rispondono diversamente da ieri a rinnovati bisogni pratici».
 
Più Europa per la ricerca italiana
«Confrontandomi con amici e colleghi che avevano già vinto progetti simili ho in qualche modo intercettato che un nuovo interesse verso questo genere di ricerche sta emergendo e per questo, dentro di me, ero fiduciosa nelle valutazioni del Consiglio Europeo della Ricerca». «Anche a nome dei molti studiosi più giovani di me in cerca di finanziamenti – afferma con garbo e al contempo perentoria Florinda De Simini – mi sento di dire che oggi avremmo bisogno di più Europa e più persone che lottano per questi progetti. L’Italia dovrebbe seguire questi modelli di premialità per l’accesso ai finanziamenti, basati solo su progetto e profilo scientifico di chi lo propone. Senza badare anche all’appartenenza o meno a un’istituzione, al coinvolgimento di ordinari, associati eccetera. Oggi in Italia non esistono progetti del genere, non c’è possibilità di fare domanda se non sei già strutturato. Penso ai fondi Prin, io lì non ho potuto fare domanda perché non sono strutturata. Non è solo una questione di assenza di fondi, è anche questione di assenza di mentalità». Ora, grazie al finanziamento europeo, Florinda potrà dare lavoro ad altri giovani colleghi.

Oltre al suo Dipartimento, il Dipartimento Asia Africa e Mediterraneo dell’Orientale, il progetto coinvolge anche Università di Bologna, e l’École française d'Extrême-Orient (sede di Pondicherry, India). Verranno assunte, oltre alla stessa De Simini, due postdoc e un dottorando a Napoli per 5 anni, per lavorare agli aspetti contenutistici; un dottorando e un postdoc a Bologna per 3 anni, per costruire un database; un research assistant e un dottorando in India a Pondicherry per 3 anni.
 
Primo Erc all’Orientale, unico nel Sud per il 2018
Quest’anno su 3170 domande, suddivise per tre settori disciplinari: scienze fisiche e ingegneristiche; scienza della vita; scienze umane, sono state assegnate 397 borse. Solo il 12,5% ha superato la prova. Come ormai da tradizione, l’Italia fa insieme una buona e una cattiva figura. Buona perché  dopo la Germania è il Paese con il numero più alto di vincitori (42). Cattiva perché solo 12 di questi 42 spenderanno il finanziamento in Italia. Il motivo è da anni lo stesso: laboratori male attrezzati e burocrazie respingenti. «Lavoro in una Università dal grande prestigio, il mio Dipartimento è stato di recente riconosciuto dal Miur come Dipartimento di eccellenza in Italia. Ma dal punto di vista gestionale i disagi non mancano. Molti soldi li spenderò per avere cose che altre università all’estero hanno già di default, come la possibilità di acquistare equipment per gli uffici o pagare student assistents e contrattisti per assistenza negli aspetti tecnici e burocratici della progettazione».

Tutto questo ha un prezzo. La giovane storica è per esempio quest’anno l’unica studiosa di un’Università del Sud aggiudicarsi l’Erc Starting Grant. Per altro il primo assoluto nella storia dell’Orientale. L’anno scorso è accaduta la stessa cosa, con un sola borsa al Sud su 19 progetti da svolgere in Italia assegnata a un ricercatore della Federico II. Va bene aprire una buona bottiglia di vino per questi miti eroi del nostro tempo, ma un attimo dopo occorre mettersi a lavoro perché il Sud e l’Italia vincano progetti di ricerca non più “nonostante” il sistema della ricerca.
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