Minorenne ucciso a Napoli, il ministro Azzolina: «Arriveranno più maestri, si parte dalla Campania»

Minorenne ucciso a Napoli, il ministro Azzolina: «Arriveranno più maestri, si parte dalla Campania»
di Lucilla Vazza
Martedì 3 Marzo 2020, 10:30 - Ultimo agg. 4 Marzo, 07:32
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Ministra Azzolina, una rapina finita male è costata la vita a un cosiddetto baby rapinatore e i parenti hanno reagito devastando il pronto soccorso dove il ragazzo era stato portato d'urgenza e dove poi è morto, costringendo i sanitari a trasferire gli altri pazienti. Parliamo tanto di coronavirus, ma a Napoli c'è un virus strutturale che è la camorra, la delinquenza, qual è il vaccino?
«La scuola. E le dico di più: è anche forse l'unico strumento rimasto. Per la tragedia di sabato notte non servono parole, servono risposte. Scuola significa presenza dello Stato sul territorio. Scuola vuol dire educare alla consapevolezza delle proprie azioni, responsabilizzare i ragazzi, dare loro un'opportunità di vita che sia diversa dalla strada e dai rischi che comporta. Per tornare alla sua metafora: per mettere in quarantena l'illegalità bisogna entrare in classe. Il nostro compito è farlo stringendo un patto anche con le famiglie e potenziare gli strumenti dei docenti e di tutto il personale scolastico, che in certi contesti lavorano da eroi».

In Campania il 19% degli studenti abbandona prematuramente gli studi, a Napoli si arriva al 22%, ma anche nel resto del meridione i dati sono sconfortanti. Inoltre mancano gli asili nido. Lei è siciliana e, prima di essere una politica, è un'insegnante, quanto le fa male questa situazione e quali misure si potrebbero prendere concretamente per cambiare le cose?
«Questi numeri non fanno male solo a me, fanno male al Paese. È un problema di tutti se perdiamo i ragazzi così precocemente, se non arrivano al titolo di studio. Se non studiano e non lavorano. Come donna del Sud conosco questi problemi da vicino e ho la straordinaria occasione di poter incidere. Come? Spendendo meglio le risorse che abbiamo per innovare la scuola e la didattica e convincere questi ragazzi che lo studio, la formazione, è una grandissima opportunità. Che possono avere un futuro, una loro strada. Come Ministero dell'Istruzione abbiamo lanciato a dicembre un Piano di intervento per la riduzione dei divari territoriali in istruzione, che partirà proprio da Sicilia e Campania, le due Regioni insieme alla Sardegna con i tassi di abbandono più elevati».

Spenti i riflettori, si spegne l'indignazione, è successo in tanti altri casi. Il Piano per il Sud su cui il suo governo ha puntato tanto potrebbe essere finalmente un programma con azioni, risorse e progettazione mirata al recupero di territori in cui la delinquenza resta la prima agenzia di lavoro per troppi giovani?
«Guardi, a mio avviso, il fatto che già nella sua progettazione questo Piano per il Sud abbia messo al centro le misure per la scuola, è un segnale molto positivo. Di questo ringrazio il Ministro Provenzano e il Premier Conte. Questo piano fa due cose fondamentali: ha l'ambizione di programmare, cioè guarda lontano, ai prossimi 10 anni. E mette in campo delle risorse economiche. Già dal prossimo anno scolastico una speciale Task Force in tutte le regioni del Mezzogiorno lavorerà per ampliare l'offerta formativa, incrementare docenti e tutor, realizzare laboratori e ammodernare le strumentazioni, potenziare le attività pomeridiane delle scuole».

Dal Sud proviene la gran parte degli insegnanti che poi si sposta ovunque. Si potrebbe pensare a qualche misura per riportare questo personale nel meridione, magari impegnandolo in attività extrascolastica o a supporto di quelle scuole dove c'è più emergenza sociale?
«Sono una delle tante docenti del Sud che ha lasciato casa per andare a lavorare. Sono stata una professoressa pendolare tra La Spezia, Sarzana e Biella. So di cosa stiamo parlando e sapevo che avrei dovuto fare dei sacrifici. Non sono una persona che fa facili promesse. Il Piano Sud può essere uno strumento. Ma il mio primo obiettivo, voglio dirlo con chiarezza, è mettere in sicurezza il sistema di istruzione, dargli stabilità. Soprattutto avere un quadro certo, numeri certi. Per poter poi fare tutti gli altri ragionamenti possibili».

Spesso si accusa la scuola di non fare abbastanza per intervenire nelle situazioni di degrado, anche colpevolizzando gli insegnanti, ma le risorse sono sempre limitate e le scuole fanno come possono. Non pensa che forse sia arrivato il momento di pretendere di più dal Governo di cui fa parte, anche per migliorare le retribuzioni del personale?
«Io ho un obiettivo: dimostrare di poter far funzionare questa amministrazione e di saper spendere tutte le risorse a disposizione e le assicuro che non è stato fatto. A quel punto avremo come Ministero la forza di pretendere un impegno ancora maggiore da dedicare alla scuola. Intanto ricordo che il taglio del cuneo fiscale deciso da questo Governo porterà da luglio in media 68 euro netti al mese a docente, sia precario sia di ruolo. Parallelamente partiranno i tavoli per il rinnovo dei contratti, su cui sono già state stanziate risorse in Legge di Bilancio».

L'emergenza coronavirus ritarderà ulteriormente i prossimi concorsi per gli insegnanti, ci potrebbe dare qualche informazione sui tempi per le nuove assunzioni?
«Governare un Ministero significa anche essere concreti. I bandi per i concorsi erano fermi da oltre un anno. Questo forse qualcuno lo dimentica. Li abbiamo preparati in 4 settimane, ora manca solo l'ultimo passaggio, sono al vaglio del Consiglio superiore della pubblica istruzione. Il parere definitivo è atteso a ore». 
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