Neolaureati caccia al posto senza obiettivo. Gli esperti: curriculum scritti male

Neolaureati caccia al posto senza obiettivo. Gli esperti: curriculum scritti male
Mercoledì 8 Novembre 2017, 10:21
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«Più della metà dei curriculum che vengono presentati alle aziende sono fuori target. Al tempo stesso sono tante le imprese che non riescono ad individuare risorse umane adatte alle loro esigenze e, di conseguenza, registrano notevoli difficoltà nella sfida della competitività. Il placement può essere la soluzione a patto, però, che si cambi prospettiva. L'approccio al mondo del lavoro deve essere fatto in modo più consapevole». Lo ha dichiarato Tommaso Aiello, direttore generale della Fondazione Emblema, aprendo i lavori della prima giornata della Borsa del Placement al Centro Congressi della Stazione Marittima di Napoli. presentando lo studio condotto in collaborazione con Laborplay.

Lo studio condotto dalla Fondazione Emblema in collaborazione con Laborplay (spinoff dell'Università di Firenze) è stato realizzato con un metodo assolutamente innovativo a partire proprio dalla selezione del target che ha tenuto presente in primis la composizione del tessuto imprenditoriale italiano, composto prevalentemente da aziende medie, piccole e micro. Proprio la dimensione di queste realtà fa sì che non ci si rivolga a selezionatori professionisti ma si provveda in proprio quando c'è necessità di incrementare la forza lavoro. Il fatto che tutte queste aziende facciano poco o nulla per promuovere la loro attività comporta che nel 95% dei casi il giovane che si candida ad essere selezionato non conosce il suo potenziale datore di lavoro. La conseguenza è che quasi il 60% dei curriculum vitae spediti dai giovani italiani alle aziende è fuori target. Sono in molti che sparano nel mucchio che rende sempre più complicato trovare un posto di lavoro. Anche la redazione di un curriculum vitae in formato europeo, per avere più chance di essere selezionati, è un falso mito. Solo l'11% dei reclutatori intervistati lo ritiene molto importante.

Ma allora quali sono le carte vincenti da giocare per un giovane in cerca di lavoro? «A parità di curriculum, percorso di studi e formazione in generale, il fattore umano conta tanto risponde Aiello contano le motivazioni. Dallo studio emerge che la predominanza delle caratteristiche personali nelle scelte dei selezionatori è indiscutibile. La competenza di base, quello che hai studiato, è un prerequisito, quella che mi fa andare avanti nel processo di selezione. Ma quando poi devo scegliere il candidato giusto, soprattutto se parliamo di neolaureati, mi troverò davanti persone che hanno le medesime competenze. Ecco allora che la caratteristica determinante sarà sempre la motivazione». Una notizia curiosa è caratterizzata dalla differenza tra l'esperienza all'estero e la conoscenza della lingua (bassa vista la forte presenza di microimprese). In altre parole, si dà grande importanza alle esperienze di vita (lavori occasionali) incluse quelle all'estero, al di là della competenza linguistica in sé. Anche i social network giocano un ruolo fondamentale. «I profili social dei candidati vengono consultati quasi sempre alla ricezione del curriculum nel caso quest'ultimo sia ritenuto interessante. Molto spesso accade che il profilo del candidato venga visionato dopo questa verifica. La revisione è molto più spesso di quello che si pensa (64% fra 30 e 60), ma, soprattutto, la revisione è quasi sempre negativa (85% oltre il 60). In altre parole, i profili social offrono molto spesso un'immagine diversa, e peggiorativa, rispetto a quella emersa dal cv». Attenzione dunque alla propria immagine sul web perché i selezionatori curiosano un po' su tutto, in particolare gli aggiornamenti di stato e le interazioni con gli amici, oltre alle news di cronaca.

L'indagine presentata alla Borsa del Placement evidenzia dunque la mancanza di orientamento al lavoro dei giovani neolaureati. Manca la consapevolezza su come approcciare il mondo del lavoro, sull'importanza dei social per la ricerca (attiva e passiva) di lavoro e sul peso fondamentale che hanno le softskills per fare la differenza in un processo di selezione.

Ecco, allora, che risulta centrale il ruolo del placement universitario, non tanto per mettere in contatto giovani e imprese, quanto per preparare i ragazzi ad un accesso efficace al mondo del lavoro.
c.r.