Scuola, professori sotto esame. I presidi: puntare sui comitati di verifica interna

Scuola, professori sotto esame. I presidi: puntare sui comitati di verifica interna
Scuola, professori sotto esame. I presidi: puntare sui comitati di verifica interna
di Lorena Loiacono
Domenica 24 Ottobre 2021, 07:00 - Ultimo agg. 10:10
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Servono più ispettori e un ruolo maggiore per i comitati di valutazione interni alle scuole: anche docenti e presidi, infatti, verranno valutati e nei prossimi mesi il ministero dell’istruzione metterà a punto criteri e percorsi da seguire. Ma i sindacati frenano: «Difficile valutare il lavoro di un insegnante». Non ci saranno le pagelle per gli insegnanti né i voti, come sottolineano da viale Trastevere, ma si dovrà procedere comunque potenziando il sistema nazionale di valutazione, come previsto nell’Atto di indirizzo firmato dal ministro Bianchi. E del sistema di valutazione fanno parte il contingente di ispettori e l’Invalsi, l’Istituto che fornisce i test di rilevazione per gli studenti. 

Per i dirigenti scolastici la valutazione è un punto fermo su cui puntare: «Siamo favorevoli da anni - spiega il presidente dell’Associazione nazionale presidi, Antonello Giannelli - alla valutazione del personale.

Purtroppo nel nostro Paese la cultura della meritocrazia dei dipendenti pubblici non è sempre praticata. Ma dubito che l’Invalsi possa essere utilizzato a questo scopo. È uno strumento diagnostico, serve per decidere la metodologia didattica da utilizzare nelle scuole. Piuttosto è necessario dare un ruolo maggiore ai presidi e ai comitati di valutazione interni alle scuole. E potenziare il contingente ispettivo: per ora ci sono 40 ispettori di ruolo e una sessantina temporanei ma servirebbe almeno un ispettore ogni 10 scuole». 

L’idea richiama molto il modello di valutazione francese, già avviato regolarmente. Ma, in base ai dati forniti dai dirigenti scolastici, in Italia ne servirebbero circa 800, per le 8mila istituzioni scolastiche presenti: vale a dire che ne mancano, oggi, all’appello almeno 700. Per quanto riguarda invece i comitati di valutazione, la struttura è già presente quindi si potrebbe procedere più speditamente. Si andrebbe solo ad estenderne le mansioni visto che in realtà esistono da anni nelle scuole italiane: sono composti da docenti e dal preside e servono a valutare, per ora, solo l’anno di prova dei docenti neo assunti. Non hanno quindi le indicazioni e il ruolo per procedere con la valutazione del personale in servizio. «È un paradosso che nella scuola italiana – spiega Mario Rusconi, capo dell’Anp di Roma – dove si fa quotidianamente la valutazione dei ragazzi, i docenti e i dirigenti stessi non possano essere valutati. La scuola che non ha un buon sistema di valutazione non può avere le misure correttive di cui ha bisogno. Ci sono stati diversi tentativi in passato ma sono sempre andati a vuoto. Nella valutazione del personale non deve essere visto un intento punitivo ma l’intenzione di valorizzare le attività e gli insegnanti più meritevoli, i docenti maggiormente partecipi al dialogo scolastico anche per motivare quelli meno attivi». L’Assopresidi di Roma avvierà anche un sondaggio tra gli studenti, insieme al sito Skuola.net, per chiedere il loro parere sulla necessità o meno di valutare i docenti e i dirigenti.

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La discussione è ormai aperta ma per i sindacati si tratta di un terreno molto delicato su cui andare cauti: «Nella scuola il sistema di valutazione finora non ha ancora avuto un parametro ben definito - ha commentato la segretaria nazionale della Cisl Scuola, Maddalena Gissi - perché non sono mai stati individuati i livelli essenziali. Non è facilmente rilevabile la competenza di un docente: gli schemi fissi non sempre colgono la realtà. Nella scuola è la forza della comunità che influisce sull’efficacia degli interventi didattici. È necessario innalzare quindi la retribuzione di partenza e valutare le modalità attrattive dei percorsi professionali e di formazione. La possibilità di far carriera nella scuola andrebbe a richiamare l’attenzione di tanti professionisti che scelgono altre strade, nei settori privati, perché a parità di titolo di studio si guadagna di più: un ingegnere guadagna 4 volte di più rispetto ad un docente di meccanica, laureato in ingegneria». Non solo, tra i sindacati c’è il timore di scatenare una competizione che non farebbe bene a nessuno. Quindi si tratta di capire come procedere nei prossimi mesi per mettere a punto un criterio che metta tutti d’accordo: la Flc Cgil respinge infatti «qualunque logica competitiva e neoliberale. La qualità dell’offerta formativa passa attraverso una dotazione organica adeguata, un sistema di reclutamento efficace, dei finanziamenti continui e strutturali ed una maggiore autonomia degli organi collegiali scolastici. Bene invece la previsione di un rafforzamento del corpo ispettivo, al quale affidare un’azione di ascolto e di confronto». 

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