Scuole, mense chiuse: pranzo al sacco in classe per ventimila studenti

Scuole, mense chiuse: pranzo al sacco in classe per ventimila studenti
Scuole, mense chiuse: pranzo al sacco in classe per ventimila studenti
di Camilla Mozzetti
Giovedì 30 Luglio 2020, 00:10 - Ultimo agg. 12:31
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Da una parte la mole di banchi monoposto, sedie, moduli divisori, spazi alternativi da recuperare per servire le scuole di Roma e provincia al fine di garantire le lezioni in presenza ma anche il distanziamento sociale anti-Covid, dall’altra il capitolo della refezione scolastica che quasi certamente - così ha decretato il Comitato tecnico scientifico a fine maggio - dovrà passare per il pranzo al sacco in classe, più elegantemente etichettato come “lunch-box”, alleggerendo così i locali delle mense. Tutta in salita la strada da percorrere entro i prossimi quaranta giorni: tanto manca alla riapertura delle scuole. Partiamo dall’argomento “di pancia” perché potenzialmente potrebbe ricadere - in termini economici - anche sulle famiglie. Cosa e come si potrà mangiare a scuola ai tempi dell’emergenza sanitaria da Covid-19? Fatta esclusione per le scuole dove vige l’autonomia e che quindi trattano direttamente con le ditte che si occupano delle mense, Roma Capitale gestisce con un appalto centralizzato (il nuovo bando ancora deve arrivare) all’incirca 20 milioni di pasti all’anno per i piccoli iscritti all’infanzia e al tempo pieno di elementari e medie ma i locali destinati alla refezione in alcuni casi sono troppo piccoli per garantire il distanziamento. 

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In due casi su tre i dirigenti sono perentori: «Impossibile pensare di aumentare i turni perché i bambini pranzano già alle 11.30», spiega la preside dell’Istituto comprensivo Francesca Morvillo a Tor Bella Monaca. «Le mie 23 classi della primaria - specifica - sono spalmate a mensa già su tre turni, non sarebbe possibile attivarne degli altri e già per queste si deve garantire il distanziamento nel locale della refezione». Gioco forza almeno nel 40% delle situazioni si dovrà ricorrere al “lunch-box”. Parliamo all’incirca di 20mila bambini al giorno. E qui arrivano i guai. Perché le ditte della refezione non hanno preso bene la notizia. «L’azienda ditta che copre le mense fa resistenza - aggiunge Francesca Vetrugno, assessore alla Scuola dell’VIII Municipio - abbiamo due scuole in appalto centralizzato, la Montezemolo e la Damiano Sauli che per problemi di spazi hanno richiesto il “lunch-box” ma rischiano di non ottenerlo». In sostanza il Comune dovrebbe coprire i costi aggiuntivi lecitamente conteggiati dalle ditte stesse per offrire porzioni di pasta o verdura sigillate in classe. Ma il dipartimento Educazione e politiche sociali di Roma Capitale deve ancora affrontare il capitolo finanziario che potrebbe comportare anche un aggravio sulle rette delle famiglie. A questo si aggiungono gli arredi da reperire.
 


L’Ufficio scolastico regionale del Lazio ha finalmente il quadro chiaro grazie alle risposte sui questionari inviati dalle scuole. A Roma e provincia servono 242.004 banchi monoposto, 74.924 sedie, 11.405 metri di divisori mobili per frazionare ambienti grandi e allestire due classi. Quanti di questi arredi sono già in corso di acquisizione? Appena 16.951 banchi, 6.065 sedie e 359 metri di divisori mobili. Mentre la Città Metropolitana (per il capitolo licei) dei tre milioni di euro finanziati dal governo ha isolato 780 mila euro per l’acquisto di 88 banchi e 62 sedie. Conti alla mano sempre l’Usr Lazio ha conteggiato anche per gli spazi alternativi alle scuole 28.353 mq di tensostrutture, 33.933 mq di moduli prefabbricati, 2.797 mq nelle diocesi e 2.445 mq negli spazi militari (caserme). «C’è una diffusa preoccupazione tra i colleghi nel riuscire ad avere entro i primi giorni di settembre tutti gli arredi mancanti e gli spazi disponibili, sicuramente i ragazzi dovranno seguire delle turnazioni», commenta Mario Rusconi a capo dell’Associazione presidi che aggiunge: «È sicuramente una corsa contro il tempo che richiede un impegno gravoso ma necessario da parte di tutti. Non solo da parte di presidi e insegnanti ma anche e soprattutto degli enti locali perché gran parte delle risorse che il decreto del governo stabilisce devono essere gestite dagli enti locali per il reperimento soprattutto degli spazi alternativi». 

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