La rabbia dei presidi: una scuola su due non rispetta le norme antincendio

La rabbia dei presidi: una scuola su due non rispetta le norme antincendio
di Marco Esposito
Martedì 28 Agosto 2018, 07:30
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Sembra un nome di fantasia, come nei Paesi della favole: Roccastrada. Ma il piccolo centro in provincia di Grosseto ha fatto da apripista con una sentenza sul rischio sismico degli edifici scolastici. Il sindaco di Roccastrada, Francesco Limatola, aveva deciso di tenere aperta la scuola del paese nonostante il punteggio di vulnerabilità sismica non raggiungesse il valore ottimale di 1 ma si fermasse a 0,985. Dopo vari gradi di giudizio, la Corte di Cassazione gli ha dato torto e ha stabilito che la scuola andava chiusa per cui il primo cittadino è finito indagato per abuso d'ufficio. Il problema è che la gran parte delle scuole italiane - sette su dieci - quel certificato di vulnerabilità sismica non lo ha affatto. Così come oltre la metà degli istituti scolastici non passerebbe la prova di una visita ispettiva dei vigili del fuoco. La situazione è così grave, soprattutto nel Mezzogiorno, che Legambiente scuola ha deciso di presentare uno scottante dossier nazionale proprio a Napoli, il prossimo 12-13 ottobre.
 
«La sentenza di Grosseto - spiega Paolino Marotta, presidente dell'Andis, l'Associazione nazionale dirigenti scolastici - mette i sindaci in una posizione di forte responsabilità. Finora noi presidi scrivevamo ai proprietari degli istituti, cioè i Comuni o le Province, per chiedere gli interventi di adeguamento. E nei fatti alle nostre richieste sovente seguiva poco o nulla. Quasi mai si arrivava alla chiusura dell'istituto né del resto tocca ai presidi prendere una tale decisione». Secondo il numero uno dell'Andis, che è preside ad Avellino, dopo il crollo di Genova l'attenzione per le scuole rischia di finire in secondo piano. «Di fronte all'emergenza infrastrutture - spiega Marotta - gli edifici scolastici possono apparire meno rilevanti. Eppure da quando c'è l'anagrafe degli edifici nessuno può dire di non sapere. Le condizioni si conoscono e sono drammatiche. Sia di fronte a un sisma sia di fronte a un incendio. È una situazione pazzesca che conoscono tutti e l'incidente è dietro le porte. Perché dobbiamo aspettare il morto? Sarebbe un altro disastro annunciato». I presidi temono, soprattutto nelle zone a maggiore vulnerabilità sismica, un'apertura a singhiozzo, con doppi turni e la ricerca di plessi alternativi. «In un quadro incerto dal punto di vista delle responsabilità i presidi, che pure non hanno competenze tecniche sugli edifici, rischiano di restare con il cerino in mano. Non dimentichiamo - puntualizza il responsabile dell'Andis - che all'Aquila l'unica persona a pagare con una condanna è stato un preside: quattro anni di carcere per non aver predisposto un piano di sicurezza».

La situazione è delicata un po' in tutto il Mezzogiorno. In Sicilia oggi il presidente della Regione, Nello Musumeci, terrà una riunione d'emergenza con i sindaci delle città metropolitane di Palermo, Catania e Messina, dopo che nella città dello Stretto il sindaco Cateno De Luca ha deciso la chiusura sine die di 27 scuole prive della documentazione di legge, limitando l'attività per altri 47 istituti, stabilendo turnazioni per gli studenti che in alcuni casi saranno costretti al triplo turno.

Secondo l'associazione dei consumatori Codacons tocca ai presidi «rifiutarsi» di aprire la scuola se non può essere garantita la sicurezza degli studenti e del personale di servizio. «Lamentarsi non basta, bisogna passare ai fatti», sottolinea il presidente del Codacons Carlo Rienzi. «Oltre 4 milioni e mezzo di studenti ogni giorno sono a rischio, perché l'edificio scolastico non è a norma: una situazione gravissima, cui i presidi devono rispondere rifiutandosi se necessario di aprire gli istituti».
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