Suor Orsola Benincasa, Lucio D'Alessandro e Siani: «Tanti giovani della scuola di giornalismo affascinati da Giancarlo»

Suor Orsola Benincasa, Lucio D'Alessandro e Siani: «Tanti giovani della scuola di giornalismo affascinati da Giancarlo»
di Daniela De Crescenzo
Sabato 26 Settembre 2020, 00:30
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«Trentacinque anni dopo, dell'esempio di Siani resta tanto, tutto. Ma vorrei dirlo così come lo ha detto il Mattino pubblicando gli scritti di Giancarlo: resta l'esempio di un giornalista-giornalista; di una bella persona, totalmente impegnato in una bella professione, e profondamente convinto che nulla è immutabile se non ci si piega alla rassegnazione»: Lucio D'Alessandro, il rettore dell'università Suor Orsola Benincasa dove dal 2003 è attiva la prima scuola di giornalismo dell'Italia Meridionale, racconta come l'esempio di Giancarlo continui a spronare tanti ragazzi che sognano di diventare reporter.
 
 

Siani aveva imparato il mestiere in strada. Si può diventare giornalisti in aula?
«L'immagine romantica del giornalista che per ben lavorare consuma le suole delle scarpe conserva ancora oggi tutta la sua efficacia. Ma nel mondo contemporaneo è impossibile non aggiungere a tutto questo la forza dei saperi, sempre più specialistici, e l'uso delle nuove tecnologie, sempre più sofisticate. Ed è appunto ciò che accade nella redazione della scuola di giornalismo, dove un'importante formazione culturale si consolida nella costante immersione nella vita reale».

Perché nel 2008 avete dedicato un'aula a Siani?
«Perché in un mondo laico come il nostro la pedagogia dell'esempio ha un grande valore. Siani è uno straordinario valore da trasferire ai contemporanei. È un valore in quanto persona - serio, acuto, meticoloso e tuttavia sempre sorridente, amante della vita - ed è un valore in quanto scrittore e cronista. L'esempio di Siani è un monito per tutti, ma ancor di più lo è per i giovani aspiranti giornalisti».

Come lavorano gli studenti alle vostre testate?
«Come in una vera redazione giornalistica, il cui cuore è la grande aula che ospita la riunione del mattino, quando si progettano i vari prodotti giornalistici. Una volta pensati, gli articoli e i testi vengono quindi lavorati e per questo ci si sposta nella sala desk, dove ogni allievo ha la sua postazione operativa: computer, connessione alla rete, agenzie. E tra la strumentazione disponibile aggiungo, e lo dico con un certo orgoglio, anche i giornali di carta. Infine, ci si trasferisce negli studi radiofonici e televisivi, mentre un'altra parte della redazione scrive per Inchiostro, la testata cartacea della scuola, e per il sito».

Negli ultimi anni il mestiere sta cambiando. Voi avete pubblicato proprio in questi giorni, il bando di iscrizione all'ottavo biennio, come attrezzate i vostri studenti ad affrontare il nuovo mondo?
«La complessità del reale è tale che fotografarla con scienza e coscienza non è più sufficiente. Oggi il problema, ma anche la grande occasione, direi, sta nel fatto che si dilata a dismisura lo spazio per una corretta interpretazione delle cose. Il che implica non solo una adeguata conoscenza del reale, ma anche una necessaria frequentazione della multidisciplinarietà. Bisogna attraversare tutti i saperi, conoscere le lingue, la storia, e capire il detto e il non detto. La scuola insegna a muoversi in questo gigantesco labirinto, e garantisce la formazione necessaria. Nonostante tutto, quello del giornalista resta un buon lavoro. Al Suor Orsola faremo sempre di più, ma fa ben sperare l'alto numero di giornalisti formatisi nella nostra scuola che oggi lavorano nelle redazioni di tutta Italia». 
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