Se nel 2011-2012 il tasso di abbandono degli studi universitari era del 6,3%, 10 anni dopo, ovvero nel 2021-2022, è diventato del 7,3% il più alto degli ultimi anni, con una percentuale del 7,4% tra gli universitari del sesso maschile e il 7,2% delle donne. I dati li riporta "La Repubblica" sulla base di una elaborazione statistica pubblicata dal ministero dell'Università e della Ricerca nella sezione on line Open Data. Nel 2020-2021 l'abbandono al primo anno di università si era fermato al 7.1%.
Insomma, alle prime difficoltà i ragazzi lasciano gli studi. «Non esiste una causa unica per l'abbandono universitario, ma sono molte - riflettono Camilla Piredda e Simone Argutoli dell'Udu, l'Unione degli universitari - la mancanza di programmi di orientamento e di tutorato, l'assenza di supporto psicologico, un ambiente universitario che non sempre risulta così attrattivo, difficoltà economiche e la mancanza di prospettiva lavorativo.
«Crediamo - proseguono i due esponenti dell'Udu - che questi elementi debbano accendere l'attenzione sulla condizione degli studenti nel nostro paese. Troppo facile chiamare "bamboccioni" e "chiedere sacrifici" agli universitari, dicendo che bisogna arrangiarsi, fare il pendolare per due ore, fare un lavoro per arrivare a fine mese, andare per forza nell'ateneo più vicino a casa. A tutti quelli che hanno detto queste cose, un invito a riflettere sul fatto che i pendolari a lunga percorrenza e gli universitari in difficoltà economica sono tra i profili che abbandonano più facilmente gli studi. Se non metto lo studente in condizione di svolgere il proprio percorso di studio in modo dignitoso e tranquillo, poi non stupiamoci se registriamo un tasso di abbandono pari al 7,3%».
L'aumento dell'abbandono degli studi e il calo di immatricolazioni sono cattive notizie per l'Italia e se ci aggiungiamo che il nostro paese ogni anno perde circa ottomila giovani laureati tra i 25 e i 34 anni, la situazione è disastrosa. Nell'ultimo decennio infatti - i dati sono di Intesa Sanpaolo - a fronte di 120mila laureati che sono andati all'estero, solo 40 mila sono tornati in Italia, con un saldo negativo pari a 80.000 giovani talenti persi.
Anche gli studenti avevano approfondito la problematica dell'abbandono, all'interno della ricerca «Chiedimi come sto» da cui era emerso, anzitutto, che la volontà di abbandonare gli studi è molto più marcata all'università (33,7%) rispetto alle scuole superiori (22,7%). In particolare, questa volontà viene riscontrata con maggiore incidenza per gli studenti di facoltà scientifico-tecnologico (34,8%) e umanistico-sociale (34,5%). Rispetto alle caratteristiche socio-anagrafiche degli studenti lo studio aveva osservato una maggiore concentrazione di criticità sui alcuni profili: studenti cosiddetti non binari, ovvero fuori dal binarismo di genere (46,4%), extra-Eu 27 (33,5%), delle regioni del Sud (29,7%) e delle Isole (28,1%), studenti che frequentano la scuola/università in una provincia (32%) o regione diversa da quella di residenza (32,8%) e che impiegano più di 60 minuti per raggiungerla (34,3%), studenti che hanno entrambi i genitori con al massimo la licenza media inferiore (34,4%), con i genitori entrambi non occupati (39,8%), e che hanno vissuto un peggioramento della propria condizione economica (35,2%).
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