Università, meno avvocati: la rivincita degli ingegneri

Università, meno avvocati: la rivincita degli ingegneri
di Nando Santonastaso
Giovedì 30 Agosto 2018, 08:00 - Ultimo agg. 17:16
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L'ultimo, clamoroso allarme risaliva allo scorso anno. All'annuale convegno di Capri di Ernst&Young le imprese italiane di Ict avevano denunciato l'assenza di ben 85mila profili di laureati nelle discipline dell'innovazione e del digitale: sul mercato non ce n'erano. Pochi mesi dopo i dati Anvur aggiornati all'anno accademico 2017-18 sembrano indicare uno scenario più ottimistico: cresce il numero dei giovani che si iscrivono ad Ingegneria e più in generale ai dipartimenti scientifici ed economici delle università, calano le immatricolazioni a Giurisprudenza e alle discipline umanistiche. È come se il Paese dei grandi letterati e poeti avesse iniziato a scoprire che nel futuro conteranno soprattutto i produttori di tecnologia, i costruttori di infrastrutture immateriali capaci di accelerare la modernità di uno Stato e, quel che più conta, di garantire prospettive occupazionali ai suoi giovani più preparati. La buona notizia è anche che il Sud partecipa a questo processo, sia pure in maniera non omogenea, e che nonostante il calo di iscrizioni riesce proprio nelle discipline più tecniche ad essere competitivo.
 
«C'è di più per la verità - dice Gaetano Manfredi, presidente della Conferenza dei rettori e rettore della Federico II di Napoli - perché non tutti sanno che gli iscritti alle aree scientifiche degli atenei meridionali sono superiori alla media nazionale. E che al contrario di ciò che si pensa in regioni come la Campania c'e' il numero più basso di studenti che emigrano in altre regioni. Certo, in Sicilia e Puglia succede l'opposto, oltre cioè ad avere registrato un calo di immatricolazioni queste regioni hanno visto crescere il numero di studenti iscritti al Nord. Ma l'aumento degli iscritti a Ingegneria e' non solo,in Campania ormai una tendenza vera e propria del Mezzogiorno, non più una sorpresa».

Insomma, anche se il rapporto fra iscritti e laureati resta a dir poco insoddisfacente, l'attrazione dei giovani verso i poli scientifici anche da queste parti sembra finalmente tirare. Da Matematica a Ingegneria i numeri Anvur sono piuttosto chiari e anche se l'onda lunga della crisi industriale continua a produrre i suoi effetti, lo scenario sta migliorando, a cominciare dalla riduzione dei tempi di laurea per i quali le previsioni sono confortanti anche per l'immediato futuro, dice Manfredi. Si può parlare di una svolta? Le nuove discipline potrebbero soppiantare i poli più tradizionali, scienze umane in testa come peraltro sembra stia accadendo? «Attenti - frena Antonio Pescapè, docente di Sistemi di elaborazione delle informazioni alla Federico II e coordinatore dell'Academy Deloite Digital - certe valutazioni vanno fatte alla fine del corso di laurea: è solo al termine degli studi che si potrà capire quanti dei nuovi iscritti a Ingegneria completeranno gli studi. Al momento il rapporto è di 1 a 4 ma in ogni caso è fondamentale che finalmente le famiglie italiane e anche quelle meridionali si siano rese conto che bisogna investire in queste lauree perché con esse si costruisce il prodotto a prescindere dall'incidenza del digitale o dell'ingegneria civile nella scelta dei loro figli. Naturalmente ciò vuol dire anche che il Paese deve riconoscere, una volta per tutte, che il futuro è nella tecnologia e che deve, dunque, garantire ai giovani potenziali ingegneri entro i prossimi cinque anni l'humus di cui hanno bisogno per non continuare a cercare fortuna all'estero».

I primi, ovviamente, ad essere soddisfatti di questo trend sono loro, gli ingegneri. Alberto Carotenuto, rettore dell'Università Parthenope di Napoli è uno di loro: «L'interesse crescente degli studenti italiani verso la facoltà di ingegneria non stupisce. Gli studi giuridici hanno una lunga tradizione in Italia e tutt'ora sono tanti i ragazzi che seguono questo interessante percorso. Quello che poteva destare stupore era la ridotta attenzione verso l'ingegneria. Viviamo in una società in costante evoluzione, nella quale il progresso è la parola chiave. Lo studio dell'ingegneria, in tutte le sue declinazioni, dà gli strumenti utili a incidere sul cambiamento ed a contribuire all'evoluzione della società. Non c'è dubbio che la spinta arriva anche dalla richiesta del mercato e dalla possibilità di trovare occupazione, vera e giusta preoccupazione di un laureato, soprattutto al Sud».

Già, l'occupazione. Ogni laureato in Ingegneria trova lavoro quasi al 96 per cento entro un anno ma non per tutti e' così. La crisi dell'ingegneria civile con le note negative provenienti dalla filiera dell'edilizia è un dato di fatto. «In questi anni c'è stato un grande dinamismo del mondo imprenditoriale, accelerato anche dal Piano Industria 4.0 - dice Bruno Scuotto, presidente di Fondimpresa, il Fondo interprofessionale di Confindustria e Cgil, Cil, Uil che si occupa di formazione -. Questo ha determinato un importante impulso al rilancio dell'industria italiana dandole modo di avvalersi di strumenti volti alla crescita ed alla conquista di mercati di nicchia. Quello che un imprenditore ricerca sono professionalità formate e in grado di fare fronte alle sfide che i mercati e la digitalizzazione impongono alle imprese». Ma dall'osservatorio permanente di Fondimpresa «emerge che le competenze, tema imprescindibile quando si parla di professioni, sono diventate finalmente il centro del dibattito. La digitalizzazione pervasiva rende sempre più necessaria, per figure tecniche e manageriali, una formazione adeguata e di livello. Siamo in un Paese che ha sete di innovazione e l'innovazione non può prescindere dalla formazione. Più di un quinto delle imprese non riesce a trovare la risorsa di cui ha bisogno ma serve un cambio di abito per la formazione e le normative che regolano il settore, sulla base delle logiche della rivoluzione digitale».
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