Il ministro Fedeli: «Per l'alternanza
scuola-lavoro, mille tutor in arrivo»

Il ministro Fedeli: «Per l'alternanza scuola-lavoro, mille tutor in arrivo»
di Maria Pirro
Mercoledì 13 Dicembre 2017, 08:17 - Ultimo agg. 14 Dicembre, 08:39
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«La Buona scuola? Non è fallita, anzi». Il ministro Valeria Fedeli annuncia altre novità già da questo mese: mille tutor esterni sono in arrivo negli istituti superiori. In più, entro fine legislatura, un altro obiettivo è siglare il nuovo contratto per gli insegnanti e partire con la riorganizzazione dell'università. In ogni ateneo entra il rappresentante dell'anti-corruzione: «Chiamato anche a monitorare la trasparenza nei concorsi. Un argine possibile alla fuga dei cervelli. Ma il confronto sul Sud, e per il Sud, organizzato dal Mattino e aperto dal premier Gentiloni, ha confermato che investimenti vanno fatti a 360 gradi ».

Durante il convegno, l'ex ministro Carrozza, del suo stesso partito, ha affermato che l'alternanza scuola-lavoro, com'è strutturata, è inutile. Che ne pensa?
«Non penso sia inutile, così come è strutturata. Ma, da quando sono ministra, ripeto con convinzione che il progetto va accompagnato nella sua attuazione. Si tratta di un modello di innovazione nella didattica, già adottato in Francia e Germania, e dagli anni Duemila sperimentato anche in Italia, soprattutto nel Centro-nord. Proprio per evitare che ci sia un vantaggio competitivo, ho ritenuto giusto inserire l'alternanza nella legge 107, dando pari opportunità a tutti i ragazzi nel curriculum. Nell'intervento di Maria Chiara ho colto più che altro il tema politico».

In concreto, come rendere l'alternanza più efficace?
«Ho appena firmato un accordo con l'Anpal, l'agenzia nazionale che si occupa di politiche del lavoro per mettere a disposizione delle scuole con minore esperienza mille tutor, di cui 200 da questo mese al servizio di istituti del Centro-sud con l'obiettivo di aiutare presidi e docenti nella costruzione di progetti di qualità».

È un simbolo del fallimento della Buona scuola?
«No, la riforma non è affatto fallita e procede il lavoro per migliorare il sistema scolastico: dal mio punto di vista ritengo decisive, in una visione di futuro, le otto deleghe attuative che ho reso legge. Si tratta di innovazioni importanti, dalla formazione professionale all'attenzione a musica e teatro, e all'educazione da zero ai tre anni, ora affidata a laureati».
 


Con la suddivisione dei fondi 2017 per gli asili nido, aumenta però il divario perché le risorse sono proporzionali al numero di iscritti anziché al fabbisogno: hanno vinto le regioni del Nord?
«Il riparto è stato deciso in una conferenza con tutte le regioni che sono competenti in materia e devono attrezzarsi e investire innanzitutto nell'istruzione. Inoltre, nel decreto per il Sud voluto da De Vincenti, ho fatto inserire alcuni interventi collegati per la dispersione scolastica e altre forme di povertà educative, che creano il maggiore divario».
 
Può dirsi invece archiviata, con il suo arrivo un anno fa, l'era dei presidi-sceriffo e dei prof con la valigia. Hanno vinto i sindacati?

«Per la mia storia politica, ritengo sia stato un successo costruire percorsi di condivisione delle norme che regolano la scuola, in una fase di massimo conflitto. Non c'è dubbio che si è corretto il tiro: accolte le modifiche della Corte costituzionale che ammette i docenti di ruolo, il bando per reclutare gli insegnanti già precari storici sarà pubblicato tra qualche giorno, quello per i supplenti di terza fascia e neo-laureati tra febbraio e marzo e la nuova modalità di reclutamento andrà a regime tra tre anni».

Veniamo ai dati presentati al Mercadante. Duecentomila giovani laureati sono andati via dal Sud in quindici anni e la qualità della ricerca favorisce le assunzioni al Nord. Cosa ha proposto al governo per fermare la fuga?
«Con la legge di stabilità, ho ottenuto l'assunzione di 1600 nuovi ricercatori, più 2000 precari. Ma è chiaro che servono ulteriori interventi. Alcuni sono contenuti nel decreto del Sud, altri mirati a contrastare la dispersione scolastica spero entro fine mandato. Inoltre, nel nuovo Prin, il programma di finanziamento dei progetti ricerca di base, sono indicati due criteri di preselezione: età e residenza al Sud».

Il rettore e presidente Crui, Gaetano Manfredi, ha fatto notare che i giovani scelgono le città dove la qualità della vita è migliore e, purtroppo, Napoli e l'Italia non sono attrattive per ricercatori stranieri, ostacolati in particolare dalla burocrazia. Non è il caso di ripensare alla riorganizzazione universitaria?
«Senza dubbio. L'università deve fare da raccordo con il territorio e gli sbocchi professionali, c'è un progetto nazionale per rivedere le competenze e renderle più trasversali, ci sono oggi troppe suddivisioni disciplinari. Ma servono anche più risorse al Sud, borse di studio per tutti gli idonei, un impegno sostenuto con altri 20 milioni nel 2018, la no tax area per gli iscritti con redditi inferiori ai 30mila euro e le tasse calmierate».

La cattedra a volte si tramanda di padre in figlio. Una polemica antica, ma anche questo limita l'accesso all'università, come ha sottolineato il leader dei 5Stelle Fico al Mercadante. La sua opinione?
«Che questo è inaccettabile. Una prima risposta consiste nella modifica degli ambiti disciplinari, ma soprattutto, il 21 presenterò con il presidente Anac Raffaele Cantone un codice di comportamento che introduce un responsabile della trasparenza e anti-corruzione in ogni ateneo, e quindi anche nei concorsi per fare in modo che ci sia un sistema che impedisca oggettivamente di avere aree grigie e non valutabili».

Sullo sfondo, resta la sfiducia nei confronti della politica da parte dei ragazzi.
«Per dare sbocchi occupazionali, anche gli imprenditori e tutti i soggetti dell'economia reale devono investire.
Altrimenti, i ragazzi non troveranno mai prospettive adeguate».

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