Caso Caiata, i 5Stelle di Siena: «I vertici sapevano»

Caiata e Di Maio (ansa)
Caiata e Di Maio (ansa)
di Stefania Piras
Domenica 25 Febbraio 2018, 11:12 - Ultimo agg. 14:01
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«Lo dicevo io che il lucano fa schifo, era meglio lo Jager». Nel gioco di parole degli amari c'è tutta l'indigestione della base M5S sul caso Caiata. Chi parla è Luca Furiozzi, attivista storico del M5S di Siena, che insieme al gruppo di attivisti aveva avvertito i vertici che il patron del Potenza calcio, indagato per riciclaggio dal 2016, non era proprio la scelta migliore. «Ci siamo attivati - scrivono i militanti senesi - avendo cura di informare a tempo debito e nei modi previsti, i livelli superiori del Movimento 5 Stelle. Avevamo ragione, ma non ci hanno ascoltato».

Gli attivisti ora chiedono di riparare a questo errore colossale con le dimissioni di chi si è assunto la responsabilità politica di candidare Caiata: «Qualcuno ha sbagliato, e qualcuno deve spiegare, assumendosi la responsabilità dei propri errori». «È necessario che chi ha sbagliato faccia un passo indietro. Adesso, non dopo, perché onestà e trasparenza sono i primi fra quei valori», si legge ancora nella nota.

DIMISSIONI
Si fa riferimento, senza citarli, all'eurodeputato Ignazio Corrao, coordinatore della campagna elettorale, a Giacomo Giannarelli, consigliere regionale e referente toscano della campagna e a Mirella Liuzzi, deputata lucana in contatto con Caiata.

Ma la base è stata ignorata, così come in Veneto, in Trentino, dove si moltiplicano gli abbandoni e le autosospensioni dei consiglieri comunali in polemica con questa frettolosa, e fallace, apertura alla società civile. A Belluno definiscono il M5S il partito di Di Maio: «un partito antidemocratico, opaco, politicamente opportunistico e autoreferenziale». A Rovereto, Riva del Garda e Arco, in Trentino, terra di Riccardo Fraccaro, i consiglieri comunali, quelli che Beppe Grillo chiamava eroi, hanno deciso di autosospendersi: «Siamo in estremo imbarazzo, è stata candidata gente mai vista».

CD ROM MASTERIZZATI
Il filtro promesso per le candidature non ha funzionato. Ieri è spuntato l'ennesimo impresentabile: Antonio Tasso, candidato nel collegio uninominale pugliese di Cerignola e Manfredonia. Tasso era finito nei guai perché vendeva cd contraffatti e come ha rivelato Il Foglio che ha pubblicato la sentenza, risulta condannato in primo grado nel 2008 per violazione di diritto d'autore.

La pena è stata sospesa perché Tasso non aveva precedenti penali e il processo è finito poi in prescrizione. Tasso si difende: «Ho inviato tutti i certificati giudiziari al M5S, che sono risultati puliti». Non parla della condanna ma di una semplice denuncia ricevuta tra il 1999 e il 2000. Ma Luigi Di Maio lo vuole fuori dal M5S e ha proposto la sua espulsione al collegio di probi vitri. «Antonio Tasso si è potuto candidare perché il suo certificato penale è pulito -ha scritto su facebook - Peccato che 10 anni fa Tasso sia stato coinvolto in un processo, perché avrebbe masterizzato dei Cd-Rom. Tasso ha accettato la prescrizione prima che esistesse il codice etico del Movimento e il Movimento stesso. Resta il fatto che non ci ha informati di questo episodio».

Da Bari il candidato premier del M5S si difende attaccando i media: «Non c'è trattamento equo», e Silvio Berlusconi (la nuova strategia dell'ultim'ora individua come nemico assoluto la coalizione di centrodestra). «Caro Berlusconi - dice Di Maio - noi i bonifici li facciamo alle imprese italiane e ai cittadini italiani. Tu li hai fatti a Cosa nostra. È scritto tutto nelle sentenze». «Entrambi gli schieramenti - ha spiegato Di Maio - gareggiano nel candidare imputati, condannati, e impresentabili». A Grillo, che descrivono piuttosto contrariato, come sempre tocca il mea culpa. Ieri su facebook ha pubblicato una canzone dal vago sapore di sinistra, da girotondini un po' stanchi e spompati. Il ritornello dice tutto: «Se cercate gli eroi, non siamo noi».

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