Condannato in Argentina per abusi il vescovo amico di Papa Francesco, lo fece trasferire in Vaticano

Condannato in Argentina per abusi il vescovo amico di Papa Francesco, lo fece trasferire in Vaticano
di Franca Giansoldati
Venerdì 4 Marzo 2022, 18:23 - Ultimo agg. 6 Marzo, 10:11
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Città del Vaticano – La notizia è arrivata in Vaticano come un fulmine a ciel sereno. Una gran brutta notizia per Papa Francesco. Il vescovo argentino suo amico, Gustavo Zanchetta - che aveva accolto a Santa Marta nel 2017 creando per lui un ufficio all'Apsa - è stato condannato a quattro anni e sei mesi di reclusione. Il reato è l'abuso sessuale continuato e aggravato a danni di due ex seminaristi. La detenzione è scattata immediata, hanno sentenziato i giudici della Camera II del Tribunale di Oráno, in Argentina, María Laura Toledo Zamora, Raul Fernando López e Hector Fabian Fayos. I giudici hanno anche deciso che Zanchetta vanga registrato nella Banca Dati Genetici.

Il procuratore ha parlato di sottomissione psicologica e di manipolazione da parte di Zanchetta sui seminaristi, costretti a raccontargli informazioni intime.

Ha fatto riferimento al fatto che la difesa del vescovo voleva usare che uno dei denuncianti era stato abusato da bambino.  La parte più difficile delle arringhe è stata per la difesa di Gustavo Zanchetta, con circa il 90% delle testimonianze che accusavano l'ex vescovo di abuso di potere e abusi sessuali.

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Il prelato argentino, fatto vescovo da Papa Francesco, ha guidato la diocesi di Orano dal 2013 al 2017 quando fu raggiunto da alcune denunce, anche se ufficialmente ha lasciato la diocesi per ragioni di salute. Papa Francesco per aiutarlo non esitò a farlo arrivare in Vaticano, garantendogli l'immunità e creandogli un posto in curia ad hoc. “In dubio pro reo” ha sempre ripetuto il pontefice, anche in una intervista a Valentina Alazraki di Televisa, («dopo la denuncia alla nunziatura (…) l’ho fatto venire qui e gli ho chiesto la rinuncia»). E' forse il caso di abusi e cattiva condotta più scomodo e imbarazzante che esiste in curia, proprio per i legami evidenti con il pontefice. 

 Resta ancora da chiarire quando effettivamente sono arrivate le prime accuse di abusi contro Zanchetta alla alla nunziatura a Buenos Aires. Un particolare non indifferente che ha dato adito a molte speculazioni perchè Zanchetta è stato nominato vescovo nel 2013 proprio da Papa Francesco. 

Formalmente il caso è esploso nel 2015 quando le autorità ecclesiastiche argentine ricevettero una serie di denunce, tra cui alcuni imbarazzanti selfie sul telefonino di Zanchetta con immagini piuttosto esplicite, immagini che riguardavano giovani uomini con i quali sarebbe stato in stretto contatto. A quel punto sono emersi altri particolari, tra cui le lamentele da parte di alcuni sacerdoti di Orano che sostenevano di avere avvertito anni prima la nunziatura della cattiva condotta sessuale di Zanchetta, oltre che del suo comportamento eccessivamente autoritario. 

Il Vaticano finora ha sempre smentito di avere ricevuto denunce anteriori alla nomina a vescovo di Zanchetta; un particolare importante perchè vorrebbe dire che le procedure interne di indagine sulla moralità dei candidati all'episcopato o sono state ignorate o non hanno funzionato. Papa Francesco nel corso di questi anni, durante una intervista, ha ammesso di essere stato a conoscenza di immagini pornografiche sul telefonino del suo amico, aggiungendo che in ogni caso valeva per tutti la presunzione di innocenza e che bisognava aspettare il processo. «In dubbio pro reo».

Formalmente il Vaticano ha riconosciuto le accuse di abusi sessuali contro il vescovo nel gennaio 2019, e poi Francesco ha autorizzato la Congregazione per la dottrina della fede ad aprire un processo canonico, anche se nel frattempo Zanchetta è tornato al lavoro in Vaticano all'inizio del 2020. Solo di recente ha terminato il suo lavoro all'Apsa. 

L'episcopato argentino, dopo la condanna di Zanchetta, ha rilasciato una dichiarazione in cui si impegna a rinnovare «il compito urgente di sradicare gli abusi» dalla Chiesa. Il testo firmato da monsignor Oscar Ojea, presidente della conferenza episcopale, manifesta vicinanza alle vittime e chiede perdono. 

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