Egitto, il vescovo copto contro Al Azhar: «Non aiuta i cristiani come Al Sisi»

Egitto, il vescovo copto contro Al Azhar: «Non aiuta i cristiani come Al Sisi»
di Franca Giansoldati
Giovedì 22 Novembre 2018, 19:04 - Ultimo agg. 19:16
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Città del Vaticano – I cristiani in Egitto sono sempre nel mirino. Ma se il presidente Al Sisi si sforza di sostenere le minoranze, il centro sunnita di Al Azhar, invece - nonostante i plateali abbracci dell’Imam Al Tayyeb con Papa Francesco - sembra conservare una linea doppia, ambigua. La situazione dei cristiani che vivono in Egitto viene fatta dal vescovo copto di Minya, Botros Fahim Hanna durante la presentazione del Rapporto sulla Libertà Religiosa nel Mondo. Luci e ombre.  In Egitto, dice, «la libertà religiosa resta a senso unico: per un cristiano che si converte all’Islam la strada è spianata ma per un musulmano che voglia convertisti al cristianesimo o al giudaismo non è affatto così. È una libertà garantita solo sulla carta». A preoccupare, naturalmente, resta la minaccia che grava sulla minoranza copta. Solo due settimane fa è stato pagato un nuovo tributo di sangue per il fondamentalismo nell'attacco al bus di pellegrini che andavano a visitare un monastero. I miliziani islamici hanno ucciso almeno sette persone. 
 Il fanatismo in Egitto è così diffuso?
«Purtroppo vi sono comunità islamiche che hanno abbracciato la linea fanatica trovando un supporto nel testo stesso del Corano. Questa realtà esiste, è innegabile. Tuttavia esistono anche musulmani moderati, che sono la maggioranza. Chi vuole trovare un pretesto lo trova sempre. La situazione resta ambivalente. Le nostre comunità, tanta gente semplice, vive costantemente nella paura. Chi aveva possibilità economiche è emigrato. La maggior parte resiste. Forse questa sofferenza fa diventare più forte le persone».
Vi sentite abbandonati?
«Penso che ci vorrebbe più solidarietà umana, più fratellanza».
Che valutazione da del governo di Al Sisi e dell’attività inter-religiosa di Al Azhar?
«Al Sisi fa quello che ci aspettiamo da un Capo di governo. E’ stato il primo presidente che la notte di Natale è venuto a chiedere scusa per quello che è accaduto, per le stragi alle chiese. Quando lui parla dei cittadini, ha rispetto di tutti e non fa differenze tra musulmani o cristiani. Il discorso su Al Alzar è più difficile: come autorità islamica continua a licenziare testi che non sono a favore al dialogo e della relazione con l’altro, sono presenti pensieri fanatici che alimentano la mentalità di rifiuto del cristiano».
Eppure l’Imam Al Tayyeb ha un rapporto fraterno con Papa Francesco, si abbracciano, si chiamano fratelli. E’ una strategia che non sta portando frutti?
«Noi dobbiamo capire bene il cuore e la mentalità di Papa Francesco: lui è di mentalità aperta e poi come capo della Chiesa deve fare il primo passo, non solo con le persone che ci piacciono, ma anche con coloro con i quali troviamo difficoltà».
Ma ha portato frutti questa strategia?
«Al momento ancora nulla. Tuttavia dobbiamo registrare che alcuni musulmani portatori di una linea moderata ora parlano liberamente in tv. E’ certo che Al Azhar può fare di più di quello che sta facendo ora».  
In alto Egitto verrano fatti molti investimenti dal governo. Questo potrà aiutare a contrastare la diffusione del fanatismo?
«Sicuramente. Noi insistiamo molto nel dire fanatismo e terrorismo non potranno mai essere risolti con la polizia e le armi, si deve cambiare la mentalità, con l’aiuto di porogetti che possano aiutare la gente a crescere».
 
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