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Fine vita, svolta del Papa: lecito sospendere le cure quando sono inutili

di Franca Giansoldati
Articolo riservato agli abbonati
Venerdì 17 Novembre 2017, 07:48
4 Minuti di Lettura

CITTÀ DEL VATICANO Papa Francesco, Catechismo alla mano, rispolvera i fondamentali. Eutanasia e diritto alla morte non sono contemplati dalla Chiesa che però prevede (da tempo) la possibilità di interrompere le cure se si rivelano insufficienti e sproporzionate al male da curare. In questo caso è «moralmente lecito» rinunciare all'accanimento terapeutico. Anzi. E' cosa «totalmente diversa dall'eutanasia che rimane sempre illecita, poiché si propone di interrompere la vita, procurando la morte».

Ieri mattina Bergoglio ha inviato un messaggio al presidente della Pontificia Accademia per la Vita, monsignor Vincenzo Paglia, organizzatore di un meeting europeo sul fine vita della World Medical Association, per fare luce su uno dei temi politici più divisivi, sul quale da un decennio non si contano le battaglie dentro e fuori il Parlamento e dove è in dirittura d'arrivo una legge che include, nel testo finale, la possibilità di sospendere anche nutrizione e idratazione del malato terminale. Un aspetto sul quale il Papa però sorvola diplomaticamente. Preferisce concentrarsi su altre forme legate al fine vita, come per esempio il bisogno di non lasciare solo il malato terminale, aiutarlo nel momento del dolore e della solitudine. «Sappiamo che non possiamo accanirci inutilmente contro la morte».

La riflessione papale ripercorre il Magistero. C'è il discorso di Pio XII fatto negli Anni Cinquanta ad un gruppo di anestesisti, gli atti della Congregazione della Fede. Da un punto di vista dottrinale non è una rivoluzione. Semmai stavolta la Chiesa propone un approccio meno didascalico, meno rigido. E' un diverso accento, più sfumato. Tanto che nelle parole usate non appaiono affatto le sottolineature del passato, non viene ripetuto che è obbligatorio proseguire ad ogni costo l'alimentazione e la nutrizione, che non sono da considerarsi alla stregua delle terapie mediche.

OMICIDIO
Nel 1985 Papa Giovanni Paolo II affermava che, in virtù del principio della proporzionalità delle cure, si deve mantenere l'impegno terapeutico valido a «sostenere la vita dando assistenza con mezzi normali di sostegno vitale». Nutrizione e idratazione, dunque, sono mezzi ordinari e fondamentali per la conservazione dell'esistenza umana. Il cardinale Ruini, mentre infuriava il caso Englaro, affermò che toglierle ad un malato terminale equivaleva ad un «omicidio». Papa Francesco ha optato per una meditazione di carattere generale sulla proporzionalità delle cure. «L'aspetto di tale criterio prende in considerazione il risultato che ci si può aspettare, tenuto conto delle condizioni dell'ammalato e consente una decisione che si qualifica moralmente come rinuncia all'accanimento terapeutico. Una azione che ha un significato etico completamente diverso dall'eutanasia che rimane sempre illecita, in quanto si propone di interrompere la vita, procurando la morte». Francesco si rende conto che nelle società democratiche argomenti delicati come il fine vita dovrebbero essere affrontati in modo costruttivo, dialogante, profondo. Non come se fossero terreno di scontro tra Guelfi e Ghibellini. Serve moderazione. Lo dice chiaro.

«Bisogna essere disposti a trovare soluzioni anche normative il più possibile condivise». E spiega il perché. Da una parte ci sono le diversità etiche e religiose. Dall'altra si trova lo Stato che «non può rinunciare a tutelare tutti i soggetti coinvolti, difendendo la fondamentale uguaglianza per cui ciascuno è riconosciuto dal diritto come essere umano che vive insieme agli altri in società». Lo stile soft e conciliante del Papa potrebbe essere un assist per la legge impantanata da un decennio in Parlamento. Chissà se daranno una accelerata. Il cardinale Parolin in serata non mostrava dubbi. «Sono parole che incideranno nel dibattito politico in corso».

ELUANA
In ogni caso Papa Bergoglio si lascia alle spalle quasi un decennio di polemiche feroci. Il tema del fine vita e le domande sollevate sono laceranti. In passato le vicende di Eluana, Piergiorgio Welby, Tierry Schiavo hanno fatto emergere due visioni apparentemente inconciliabili, tra la decisione di morire, di togliere l'idratazione e la nutrizione artificiali davanti a sofferenze inutili, e la visione della Chiesa contraria a qualsiasi approccio eutanasico. Nel 2006 a Welby, immobile a letto a causa della distrofia muscolare, la Chiesa negò persino il funerale religioso: «Con i suoi gesti e i suoi scritti il dottor Welby si è messo in contrasto con la dottrina cattolica», scrisse il Vicariato. E nel 2009, alla morte di Eluana per disidratazione a seguito dell'interruzione della nutrizione artificiale, i teologi parlarono di «una sentenza di morte». Con il pontificato di Francesco la sensibilità si è amplificata al dolore e, alla morte di Dj Fabo, tetraplegico e cieco, le parole pubbliche risultarono di altro tenore: «Questa tristissima vicenda deve spingerci a riflettere», disse il presidente dell'Accademia per la Vita, Paglia. «È una sconfitta grave e dolorosa per tutta la società, per tutti noi».
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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