Cattolici cinesi di nuovo nel mirino di Pechino, in alcune zone devono sostituire Gesù con Mao

Cattolici cinesi di nuovo nel mirino di Pechino, in alcune zone devono sostituire Gesù con Mao
Cattolici cinesi di nuovo nel mirino di Pechino, in alcune zone devono sostituire Gesù con Mao
di Franca Giansoldati
Giovedì 23 Luglio 2020, 11:14 - Ultimo agg. 11:21
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Città del Vaticano – Il faccione rubizzo di Mao al posto dell'immagine di Gesù. L'ennesima notizia che racconta le evidenti difficoltà ad applicare in modo uniforme l'accordo storico tra la Cina e il Vaticano su tutto il territorio nazionale, stavolta racconta di una imposizione quantomeno bizzarra. E inaccettabile. Secondo l'agenzia cattolica CNA le autorità governative dello Shanxi, una vasta regione settentrionale, hanno ordinato alle persone che ricevono l'assistenza del governo di sostituire i simboli religiosi nelle loro case, comprese le immagini di Gesù, con le immagini del presidente Mao e del presidente Xi Jinping. Il rifiuto di ottemperare alla richiesta comporta il ritiro dell'assistenza Covid. 

La rivista per la libertà religiosa Bitter Winter già ad aprile aveva raccontato che i funzionari dello Shanxi erano stati incaricati di ispezionare e rimuovere i simboli religiosi dalle case di coloro che ricevono "sussidi sociali" e di sostituirli con i leader comunisti. Chi si era opposto era stato depennato dagli aiuti. In molte case le immagini di Gesù erano così state sostituite con quelle del presidente Mao. Naturalmente questa imposizione grava soprattutto sulle fasce più sociali più fragili che in questo periodo soffrono per via del Covid e che per stare a galla economicamente hanno bisogno di ricevere sussidi dallo Stato. 

Le testimonianze dei cristiani che sono state raccolte a più riprese sono tutte molto simili tra loro. Se non si obbedisce alla imposizione governativa dei funzionari si finisce per essere sospesi dagli aiuti. «A tutte le famiglie povere della città è stato detto di mostrare le immagini di Mao Zedong», ha riferito un predicatore a Bitter Winter. «Il governo sta cercando di eliminare il nostro credo e vuole diventare Dio al posto di Gesù».

In aprile, una anziana della provincia di Henan ha riferito che il suo assegno minimo di sussistenza è stato annullato quando i funzionari hanno scoperto una croce sulla porta di casa sua. La donna, diabetica e bisognosa di frequenti iniezioni, ha perso tutti gli aiuti governativi a causa del suo credo religioso. 

Dal 2015 il governo comunista ha portato avanti un programma per nazionalizzare, anche con i simboli, la religione. Dal Paese continuano ad emergere regolarmente notizie di demolizioni di chiese, di molestie e arresti di sacerdoti e vescovi, e di una severa censura imposta all'insegnamento religioso.

La situazione è stata a più riprese denunciata anche dal cardinale Zen che, anche se in pensione, non ha lesinato critiche nei confronti dei vertici vaticani, per non volere vedere il problema nella sua complessità. Aveva scritto anche un lettera a tutti i cardinali e anche al Papa. La politica della Santa Sede sul delicato dossier cinese va avanti senza deflettere. L'accordo per le nomine dei vescovi siglato ad experimentum due anni fa dovrebbe essere rinnovato gà in autunno. 

E anche per questo che, tre domeniche fa, all'Angelus, Papa Francesco si è clamorosamente autocensurato sulla Cina, decidendo di non pronunciare la parte del testo che gli era stato preparato dalla Segreteria di stato e che aveva al centro il tema della legge sulla sicurezza che Xi vuole imporre sul territorio di Hong Kong. Si trattava di una frase di circostanza per manifestare preoccupazione e che si inquadrava nelle reazioni internazionali che in quei giorni si erano registrate.

Papa Francesco però, a sorpresa, ha evitato accurtamente di non toccare l'argomento Hong Kong saltando piè pari il testo che era stato distribuito precedentemente ai giornalisti, rendendo così evidente l'autocensura e la volontà politica di non irritare il governo di Pechino. Anche se questo comporta l'oscuramento delle ragioni di tante comunità cattoliche cinesi che, in alcune zone del paese, sono effettivamente nel mirino di funzionari troppo zelanti. Anche stavolta la realpolitik ha prevalso su tutto.

 

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