Papa Francesco, l'appello di Natale ai governi: «Garantite vaccini a tutti, siamo sulla stessa barca»

Papa Francesco, l'appello di Natale ai governi: «Garantite vaccini a tutti, siamo sulla stessa barca»
Papa Francesco, l'appello di Natale ai governi: «Garantite vaccini a tutti, siamo sulla stessa barca»
di Franca Giansoldati
Venerdì 25 Dicembre 2020, 12:29 - Ultimo agg. 26 Dicembre, 12:00
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Città del Vaticano – Piazza San Pietro praticamente deserta e chiusa, il Papa dentro al Palazzo Apostolico legge il messaggio natalizio prima di impartire la benedizione al mondo intero, Urbi et Orbi. A causa del Covid la benedizione dalla Loggia della basilica è saltata anche per evitare assembramenti in piazza. Il pensiero  corre subito ai vaccini anti-covid da garantire a tutti. Evoca le sofferenze dei bambini in Siria, il conflitto che ancora serpeggia latente in Nagorno-Karabakh, le devastazioni dovute ai cataclismi di origine climatica. Elenca le minoranze perseguitate, compreso i Royngya in Myanmar ma tralascia quello che accade ai tibetani, agli Uiguri e a quello che succede ad Hong Kong.

Il messaggio

«Sia garantito l’accesso ai vaccini e alle cure – dice Francesco - Di fronte a una sfida che non conosce confini, non si possono erigere barriere.

Siamo tutti sulla stessa barca. Ogni persona è un mio fratello. In questo momento storico, segnato dalla crisi ecologica e da gravi squilibri economici e sociali, aggravati dalla pandemia del coronavirus, abbiamo più che mai bisogno di fraternità». Il concetto di fratellanza torna più volte nel testo preparato per questo Natale pesantemente segnato dalla pandemia. «Non una fraternità fatta di belle parole, di ideali astratti, di vaghi sentimenti. Una fraternità basata sull’amore reale, capace di incontrare l’altro diverso da me, di con-patire le sue sofferenze, di avvicinarsi e prendersene cura anche se non è della mia famiglia, della mia etnia, della mia religione; è diverso da me ma è mio fratello, è mia sorella. E questo vale anche nei rapporti tra i popoli e le nazioni». 

In questi mesi, ha fatto presente il Papa, sono affiorate sofferenze diffuse che hanno incoraggiato la solidarietà. «Il Bambino di Betlemme ci aiuti allora ad essere disponibili, generosi e solidali, specialmente verso le persone più fragili, i malati e quanti in questo tempo si sono trovati senza lavoro o sono in gravi difficoltà per le conseguenze economiche della pandemia, come pure le donne che in questi mesi di confinamento hanno subito violenze domestiche». 

L'appello

Non è poi mancato un appello alle istituzioni e ai governi per «una rinnovata cooperazione internazionale, a cominciare dall’ambito sanitario, affinché a tutti sia garantito l’accesso ai vaccini e alle cure» ma anche sul fronte politico, specialmente per trovare una composizione in Siria, in Iraq, in Libia e nello Yemen, dove si paga ancora l’alto prezzo della guerra. La pace viene evocata anche per palestinesi e israeliani «per cercare una pace giusta», per il Libano e per il cessate-il-fuoco nel Nagorno-Karabakh, come pure nelle regioni orientali dell’Ucraina, e a favorire il dialogo quale unica via che conduce alla pace e alla riconciliazione. 

E poi ancora Etiopia, Nigeria, Camerun, Sud Sudan, Mozambico. Pensando all'Asia il Papa non dimentica il popolo dei Rohingya, l'etnia musulmana perseguitata in Myanmar.

Infine il suo pensiero è andato alle famiglie: «a quelle che oggi non possono ricongiungersi, come pure a quelle che sono costrette a stare in casa. Per tutti il Natale sia l’occasione di riscoprire la famiglia come culla di vita e di fede». In questa carrellata di paesi schiacciati da guerre, violenze e persecuzioni più o meno striscianti ancora una volta Francesco sceglie di non dire nulla a favore della minoranza Uiguri, perseguitata in Cina.

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