Lite tra cardinali sul dossier Cina, Zen contro Parolin: «Non sa cosa sia il dolore»

Lite tra cardinali sul dossier Cina, Zen contro Parolin: «Non sa cosa sia il dolore»
di Franca Giansoldati
Martedì 6 Febbraio 2018, 19:33
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Città del Vaticano  L’ostilità sviluppatasi a distanza tra cardinali si è trasformata in un insolito conflitto aperto. Volano botte da orbi. Da una parte della barricata c’è il cardinale Zen, di Hong Kong, e dall’altra il cardinale Segretario di Stato, Pietro Parolin. Alla richiesta di qualche giorno fa fatta da Parolin a Zen di essere obbediente e mettere in pratica la fraternità verso i cattolici cinesi appartenenti alla Chiesa controllata dal partito comunista, ha replicato pronto l’86enne battagliero porporato cinese: «Mi chiedo se quest’uomo di poca fede sappia cosa sia il vero dolore”. Assestando di seguito un altro colpo basso a Parolin insinuando che il Segretario di Stato abbia manipolato  i testi papali. “Il cardinale  Parolin ha dato una lunga intervista, piena di errori paradossali (spero che vi sia unità fra parole e pensiero). Il più umiliante di tutti – ha detto Zen -  è stato che il Segretario di Stato ha avuto l’audacia di insultare il papa emerito Benedetto XVI. Il card. Parolin ha citato fuori dal contesto la Lettera del papa alla Chiesa in Cina di 10 anni fa, dicendo: la soluzione dei problemi esistenti non può essere perseguita attraverso un permanente conflitto con le legittime Autorità civili. Ma egli non ha citato la seconda parte della frase: Nello stesso tempo, però, non è accettabile un’arrendevolezza alle medesime autorità civili  quando esse interferiscono indebitamente in materie che riguardano la fede e la disciplina della Chiesa».

Uno scontro tanto plateale, senza esclusione di colpi, non si era ancora visto in questi termini benché un certo dissenso poteva essere prevedibile visto che la marcia di normalizzazione delle relazioni intrapresa da Papa Francesco con Pechino – ormai ad un punto  di svolta cruciale con le nomine episcopali – avrebbe finito per asfaltare parte delle vecchie strutture ecclesiali esistenti che, dal 1951 ad oggi, dalla rottura delle relazioni tra Cina e Santa Sede, sono sempre state fedeli a Roma, anche durante gli anni più bui delle persecuzioni, sopravvivendo a numerose difficoltà.

Zen per questo motivo ha continuato a ripetere che il Papa, con questa operazione, «vuole svendere la Chiesa in Cina» e che non si arrenderà davanti a questo scenario. In questo botta e risposta a distanza ha aggiunto un nuovo post sul suo blog che è subito divenuto virale. «Negli ultimi giorni, i nostri fratelli e sorelle della Cina hanno sentito che il Vaticano è pronto ad arrendersi ai comunisti cinesi, e il loro cuore è forse molto a disagio. Se i vescovi illeciti e scomunicati vengono legittimati e i vescovi legittimi sono forzati a ritirarsi, i vescovi legittimi delle comunità sotterranee non dovrebbero preoccuparsi della loro sorte? Sacerdoti e fedeli dovranno presto obbedire e rispettare coloro che oggi sono illeciti e scomunicati, ma vengono legittimati dalla Santa Sede grazie alle pressioni del governo cinese. Quali notti di dolore essi devono sopportare?»

Nello stesso tempo, proprio in questi giorni, le agenzie internazionali hanno dato rilievo ad un significativo editoriale pubblicato dal Global Times, testata nata da una costola del Quotidiano del Popolo, organo ufficiale del Partito comunista cinese.  «La Cina e il Vaticano stabiliranno prima o poi relazioni diplomatiche formali perché papa Francesco ha la saggezza per risolvere i problemi esistenti tra le parti. Un accordo, in particolare, avrebbe enormi benefici per i cattolici. Nonostante il difficile processo, il vasto numero di non cattolici non è mai stato contro il Vaticano. Papa Francesco ha una positiva immagine presso il pubblico cinese. Ci si aspetta che spinga in avanti i rapporti bilaterali e risolva i relativi problemi con la sua saggezza». L'editoriale riporta le ipotesi che il Papa possa riconoscere in nome del disgelo alcuni vescovi della «Chiesa patriottica», la chiesa cattolica riconducibile al governo di Pechino. Un'ipotesi che ha «allarmato Taiwan» che ha nel Vaticano l'unico «alleato» in Europa suggerendo che la schiarita delle relazioni sino-vaticane «sia ormai scritta».
 
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