Papa Francesco e la debacle della Cop26: «Tutti siamo chiamati a costruire la casa comune»

Papa Francesco e la debacle della Cop26: «Tutti siamo chiamati a costruire la casa comune»
di Franca Giansoldati
Domenica 14 Novembre 2021, 12:54 - Ultimo agg. 15 Novembre, 09:25
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Città del Vaticano – La Cop26 di Glasgow termina con un flop di proporzioni abissali e un testo finale definito dagli addetti ai lavori a ribasso mentre il Papa all'Angelus ripete con forza che tutti sono «chiamati ad agire con coraggio e fermezza. Tutti siamo chiamati a costruire la casa comune». Poche parole al termine della preghiera domenicale arrivate quasi d'obbligo ma senza aggiungere nient'altro sui rischi che l'accordo siglato per contenere l'aumento delle temperature del pianeta non sarà sufficiente a limitare i disastri climatici all'orizzonte.

Francesco non ha nemmeno spiegato perché ha evitato di andare al summit del clima, come inizialmente aveva preventivato, né ha affrontato la grande questione dei paesi inquinatori – primo tra tutti la Cina – che si sono sottratti alla road map internazionale.

Nei giorni scorsi la sua assenza a Glasgow era stata al centro di diverse speculazioni sui reali motivi che lo hanno tenuto lontano da un viaggio del genere.

Ora che tutti è concluso sembra chiaro, a sentire ambienti diplomatici, che la sua decisione sia maturata quando si stagliava all'orizzonte il grande scontro tra la Cina (il paese più inquinatore del pianeta) e gli Stati Uniti. Per evitare di essere strumentalizzato e per evitare di entrare in rotta di collisione con il grande paese asiatico (considerato dal Vaticano il più grande bacino d'anime da evangelizzare) la Santa Sede avrebbe optato di fare un passo indietro e mandare a Glasgow una delegazione di alto profilo guidata dal cardinale Parolin.

Con la Cina il Papa ha in corso una difficile trattativa sotterranea per la buona riuscita di un accordo bilaterale sulla normalizzazione delle nomine episcopali firmato tre anni fa ma ancora oggetto di lacerazioni all'interno della Chiesa. Non tutti i cattolici cinesi lo hanno digerito, soprattutto quelli che facevano parte della Chiesa clandestina (non controllata dal partito comunista).

Allo stesso modo in questi anni la Santa Sede pur di non irritare la Cina ha scelto di restare silente sulla macroscopica vicenda di Hong Kong,  di non interferire sullo scontro con Taiwan, e di fare finta di nulla sulle minoranze Uigure e sulle violazioni dei diritti umani in Tibet (evitando  di ricevere il Dalai Lama).

All'Angelus Francesco ha però riflettuto su una domanda: «Su che cosa conviene investire la vita? Su ciò che è transitorio o sulle parole del Signore, che rimangono per sempre? Evidentemente su queste. Francesco ricorda che chi fa il bene investe per l’eternità. Quando vediamo una persona generosa e servizievole, mite, paziente, che non è invidiosa, non chiacchiera, non si vanta, non si gonfia di orgoglio, non manca di rispetto questa è una persona che costruisce il Cielo in terra. Magari non avrà visibilità, non farà carriera, (...) eppure quello che fa non andrà perduto. Perché il bene non va mai perduto, rimane per sempre. E noi, in che cosa stiamo investendo la vita? Su cose che passano, come il denaro, il successo, l’apparenza, il benessere fisico? (...) Siamo attaccati alle cose terrene, come se dovessimo vivere qui per sempre?»

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