Il Papa negli Emirati, appello per lo Yemen

Il Papa negli Emirati, appello per lo Yemen
di Franca Giansoldati
Lunedì 4 Febbraio 2019, 07:00
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ABU DHABI (Emirati Arabi Uniti) - L'arrivo è stato preceduto da un po' di pioggia. Cosa rara da queste parti. Di buon auspicio. «Mi dicono che è un segno di benedizione e speriamo che lo sia davvero» dice Papa Francesco ai giornalisti mentre è in volo verso gli Emirati. Saluta tutti e si commuove davanti al ricordo della tragedia di Genova, del ponte Morandi, stampato sulla maglietta che gli viene donata dal fotografo dell'Ansa.
 
Inizia carico di attese uno dei suoi viaggi più difficili. All'Angelus aveva rivolto l'appello «alle parti interessate e alla comunità internazionale per far fronte all'emergenza umanitaria in Yemen, dove ci sono bambini che muoiono di fame». E tra mento le «parti interessate» ci sono proprio gli Emirati Arabi Uniti che fanno parte della coalizione con l'Arabia Saudita in guerra in Yemen con la ribellione sciita. Ora le monarchie del Golfo hanno proclamato l'anno della tolleranza.

Non tanto dell'amore o della reciprocità. Della tolleranza, e forse al momento è già tanto, anche se comunque aiuterà a rafforzare la percezione di una terra aperta e rispettosa pur essendo in vigore la sharia, la legge coranica. Il Papa è stato invitato dallo sceicco Mohamed bin Zahed, chiamato anche MBZ per distinguerlo da MBS, l'altro influente principe stavolta saudita Mohamed bin Salman, sospettato di essere dietro l'omicidio del dissidente saudita Kashoggi.

L'arrivo di Francesco resta fonte di tante speranze per gli 800mila cristiani che vivono nelle sette monarchie emiratine. I loro diritti non sempre vanno di pari passo a un reale cammino di integrazione. Le chiese, tanto per cominciare, non hanno croci e non si vedono campanili anche se le comunità fioriscono ricche di battesimi, alimentate da un alto tasso di immigrazione. I lavoratori arrivano dall'India, dalle Filippine, dal Bangladesh. Al momento di entrare devono consegnare il proprio passaporto al datore di lavoro e spesso si consumano tanti abusi. In ogni caso i cristiani, generalmente, qui non hanno grossi problemi se mantengono un profilo basso, grazie alla politica dello sceicco, decisamente più tollerante che non in Arabia Saudita. Il programma papale include concessioni fuori dall'ordinario, come la messa che verrà celebrata domani nello stadio di Abu Dhabi. Nessun regnante aveva mai permesso una cosa del genere.

«Anche per gli Emirati questa è una pagina carica di significati» spiega Imad Atrach, corrispondente di Sky News Arabia. I discorsi ufficiali di Francesco sono solo due, uno previsto all'incontro inter-religioso al quale oggi prenderà parte anche l'Imam di Al Azhar, Al Tayyeb e l'altro allo stadio, domani. In segno di riconoscenza Francesco conferirà una importante onorificenza ad Abdel Salam, ex consigliere di Al Azhar, per l'eccellente lavoro svolto nel risolvere il black out risalente al discorso di Ratisbona.

Naturalmente i problemi non mancano. A cominciare dagli scontri inter-islamici e dalla guerra nello Yemen dove una coalizione guidata dai sauditi e dagli emiratini combatte da quattro anni i ribelli sciiti. L'egemonia sull'intera area per il controllo dei giacimenti d'oro nero resta sullo sfondo incalzante, mentre ne fanno le spese milioni di yemeniti ridotti alla fame. Il fondamentalismo viene contrastato ma in un complicato balletto mediorientale dove a volte sfuggono i contorni.

E poi c'è il nodo del Qatar, sul quale pesa un embargo politico ed economico. È per questo che c'è parecchia attesa per quello che Bergoglio potrà denunciare. La speranza delle minoranze è che finalmente possa parlare apertamente di diritti. Sul sito dei missionari, Settimananews, il viaggio papale viene analizzato anche criticamente facendo notare che la visita papale «ha creato un certo disappunto, se non addirittura malumore» tra i Paesi del Golfo dove l'antagonismo non aiuta. Il sultano del Barhein, per esempio, tramite il vescovo comboniano Ballin c'è rimasto male perché aveva invitato il Papa a visitare il suo regno un anno fa, il Qatar, la scorsa settimana, ha spedito un suo ministro in Vaticano per chiedere di visitare in futuro anche Doha. Persino il presidente Al Sisi non pare tanto contento visto che la visita papale va a rafforzare ulteriormente l'Imam Al Tayyeb in un momento in cui il governo egiziano sta cercando di esercitare maggiore controllo sulla attività estera di Al Azhar. Papa Francesco dovrà misurarsi con tutto questo garbuglio. Per fortuna in volo gli arriva una buona notizia: un famoso cardiochirurgo emiratino che vive a Londra, Abdallah Raweh, per ringraziare Bergoglio della sua politica aperturista ha deciso di operare gratuitamente 100 bambini yemeniti.
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