La Paz - Un crocifisso in legno, una falce e un martello con sopra un Cristo in argento. Decisamente uno strano regalo quello scelto da Evo Morales, il presidente boliviano, per accogliere Papa Francesco a La Paz.
Il dono presidenziale inizialmente ha stupito lo stesso pontefice che lo ha preso in mano sorridendo, forse anche un po' imbarazzato, ma poi la spiegazione che ha accompagnato l'oggetto ha fatto chiarezza sul legame di questo simbolo un po' fuori dal tempo, con uno dei grandi santi e martiri boliviani, padre Luis Espinal. Un gesuita spagnolo ucciso nel 1980 alla periferia di La Paz dagli squadroni della morte, nella famigerata operazione Condor, proprio per avere fatto degli oppressi la sua ragione di vita spirituale, unendo il Vangelo ad una visione sociale meno discriminante.
La voce di padre Espinal dava parecchio fastidio al governo di allora, alle multinazionali presenti, all'oligarchia ricchissima che deteneva il 90 per cento delle ricchezze.
Evo Morales ha regalato al Papa anche la massima onorificenza dello Stato che gli ha messo al collo, e un libro sulla controversia con il Cile per lo sbocco al mare: «Il Papa è arrivato tra noi per aiutarci ad ottenere questo sbocco». Bergoglio, che si è offerto a mediare, ha replicato che occorre dialogo, dialogo e ancora dialogo e tanta buona volontà. Il messaggio pare sia stato recepito.
«La Bolivia sta facendo passi importanti»: fin dal suo arrivo, all’aeroporto di El Alto, Francesco ha voluto esprimere il suo apprezzamento per l’impegno del governo di Morales a «includere ampi settori nella vita economica, sociale e politica del Paese», come prescrive «una Costituzione che riconosce i diritti degli individui, delle minoranze, dell’ambiente».
Questo Paese, ha detto, ha pagato un prezzo altissimo in termini di repressione e violenza ma anche di sfruttamento del lavoro. E dopo il bagno di folla accanto a Morales, che lo aveva salutato come "il Papa dei poveri" ammonendo che «chi tradisce un povero tradisce Dio e Papa Francesco».