Il Papa dimissiona il vescovo di Mileto:
al suo posto un amministratore apostolico

Il Papa dimissiona il vescovo di Mileto: al suo posto un amministratore apostolico
di Franca GIansoldati
Giovedì 1 Luglio 2021, 15:49 - Ultimo agg. 16:44
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Città del Vaticano - Papa Francesco ha accettato la rinuncia al governo pastorale della diocesi calabrese di Mileto-Nicotera- Tropea, presentata da monsignor Luigi Renzo (74 anni), nominando un amministratore apostolico, nella persona di Francesco Oliva, Vescovo di Locri-Gerace. Generalmente quando il Papa decide di inviare in loco un amministratore in una diocesi, sollevando il vescovo dall'incarico, è sempre legata a seri motivi relativi alla gestione interna o, in caso contrario, alle condizioni di salute del vescovo. In ogni caso il cambiamento annunciato stamattina dal Vaticano non è stato commentato in alcun modo e non si conoscono i reali motivi della sostituzione del vescovo. 

La diocesi di Mileto da tempo era al centro di bufere incrociate. Un po' di tempo fa aveva fatto scalpore la decisione del Tribunale di Catanzaro di rinviare a giudizio il segretario particolare del vescovo, don Graziano Maccarrone, insieme ad un altro sacerdote don Nicola De Luca.

Il Gup di Catanzaro aveva infatti accolto la richiesta della Dda di Catanzaro di mandare a processo i due sacerdoti di Mileto, con l'accusa di tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso. Entrambi gli ecclesiastici erano anche membri del Consiglio diocesano, l’organo che supportava il vescovo nel governo della struttura.

I difensori delle parti civili restano convinti che ci sarebbero tutti gli elementi per parlare di estorsione, e che si tratterebbe, vista la ricostruzione presentata dalle parti offese, di una condotta connotata dal metodo mafioso. I Mazzocca sono inseriti tra i 904 testimoni che la Procura intende convocare nel processo Rinascita Scott.

Prima del rinvio a giudizio il vescovo della diocesi era intervenuto con comunicato durissimo per smentire la ricostruzione degli inquirenti in merito alla presunta estorsione dei due preti. 
«Al contrario di quanto apparso sulla stampa, non è stato don Maccarone a minacciare il debitore, evocando l'intervento di chissà chi, ma è stato questo a raggirare il sacerdote e a tentare ogni ricatto registrando a sua insaputa conversazioni telefoniche, il cui contenuto è stato artatamente alterato e artificiosamente interpretato fino ad accusarlo di messaggi a sfondo sessuale con la figlia disabile e cose del genere, con minaccia per di più di rendere pubblici quei messaggi» aveva affermato il vescovo Luigi Renzo.

«Il tutto - proseguiva il comunicato - finalizzato chiaramente a trovare una scusa e non restituire il denaro. È grave ed immorale da parte di un padre giocare con la onorabilità di una figlia per soldi. Capito il soggetto e vista l'impossibilità di riavere il denaro prestato, don Maccarone e De Luca hanno inteso tagliare completamente i ponti con il debitore rinunciando a tutto il dovuto. In risposta il tale ha provveduto ad inventare un'accusa inesistente e a denunciare alla Dda la falsità dell'accaduto, per di più con l'aggravante mafiosa».

Sulla vicenda era dovuto intervenire, replicando al vescovo, anche il procuratore capo della Dda, Nicola Gratteri: «Sono plurimi gli accertamenti compendiati nel fascicolo delle indagini preliminari e recano, oltre alle iniziali registrazioni versate agli atti dalla vittima della vicenda estorsiva, le acquisizioni dei tabulati telefonici, gli esiti delle attività di intercettazione, nonché le dichiarazioni delle persone informate sui fatti».  Gratteri ricordava che nessuno dei preti indagati aveva chiesto di essere interrogato dal pm all’atto dell’avviso conclusione delle indagini. Ora arrivano la dimissioni e il commissariamento della diocesi.

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