Le suore si mobilitano per denunciare gli abusi sessuali, un appello interno agli ordini religiosi

Le suore si mobilitano per denunciare gli abusi sessuali, un appello interno agli ordini religiosi
di Franca Giansoldati
Giovedì 28 Febbraio 2019, 15:33 - Ultimo agg. 15:49
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Città del Vaticano – Da un grattacapo all'altro. Chiuso il summit sugli abusi un'altra emergenza si affaccia all'orizzonte per il Papa. «Vorremmo parlare degli abusi sulle religiose». Suor Patricia Murray, segretaria generale dell'Uisg, l'unione delle superiori generali, praticamente il 98% delle suore nel mondo, un esercito di 600 mila sorelle, ha lanciato un appello urbi et orbi per arrivare a denunciare, parlare, scoperchiare. Nel frattempo si stanno predisponendo delle strutture interne all'Uisg per facilitare l'operazione del «chi sa parli».

A dare manforte alle suore e incoraggiarle ad andare avanti in questa battaglia per la verità ci ha pensato una giornalista, Valentina Alazraki che al summit sugli abusi, davanti al Papa, ai vescovi e ai cardinali, ha rammentato loro che nascondere i problemi sotto il tappeto non fa bene alla salute della Chiesa, e che resta un'altro capitolo da contrastare, quello che ha come protagoniste le consacrate. Alazraki ha fatto propria la campagna aperta con coraggio da Lucetta Scaraffia, storica e direttrice del mensile vaticano Donne Chiesa Mondo.

«Noi stiamo incoraggiando le religiose vittime di abusi sessuali, abusi psicologici o spirituali ad uscire allo scoperto. Ci sono molti modi di abusare di una donna. Per questo diciamo: parlate, parlate parlate» ha affermato suor Murray.

Al momento non esistono statistiche sugli abusi femminili. Se ne parla però dagli anni Novanta ma su questo punto la Chiesa ha sempre agito con una certa riluttanza. Un tabù. La congregazione di Propaganda Fide, per esempio, destinataria di parecchie denunce negli anni passati, provenienti soprattutto dall'Africa, non ha mai promosso iniziative diffuse per favorire una cultura del rispetto. Solo di recente il cardinale Filoni si è mosso con una direttiva per i nunzi apostolici africani.

Eppure tornando dal viaggio negli Emirati, Papa Francesco aveva confermato che il problema attualmente è aperto, ampio, che ci sono stati abusi sulle donne e che servirebbero misure concrete per affrontarle. «È vero, dentro la Chiesa ci sono stati anche dei chierici che hanno fatto queste cose, in alcune culture è un po’ più forte che in altre, non è una cosa che tutti fanno, ma ci sono stati sacerdoti e anche vescovi che lo hanno fatto. E io credo che si faccia ancora, perché non è una cosa che, dal momento in cui te ne accorgi, finisce. La cosa va avanti così. È da tempo che stiamo lavorando su questo. Abbiamo sospeso qualche chierico, mandato via, per questo. Abbiamo dovuto sciogliere qualche congregazione religiosa femminile che era molto legata a questo, una forma di corruzione». Il riferimento del Papa era per la congregazione francese di suore contemplative, la Famiglia di San Giovanni, il cui fondatore abusava delle suore, le aveva ridotte al silenzio, in una deriva settaria preoccupante e dolorosa.

Suor Carmen Sammut, presidente dell'Uisg, conferma la volontà di proseguire la buona battaglia. «Magari arriverà il giorno che in un sinodo anche le suore potranno anche votare. C'è tanta strada da fare. Non dobbiamo disperare. Abbiamo avviato il cammino. Stiamo raccogliendo il materiale per strutturare una denuncia degli abusi e inviarla al Vaticano. Il problema esiste ma al momento è difficoltoso delinearlo poichè non è facile rompere la cultura del silenzio e aiutare le suore ad uscire allo scoperto».





Ricordando poi che già «verso la fine degli anni novanta due religiose, suor Maura O’Donohue e suor Marie McDonald, hanno avuto il coraggio di presentare denunce precise e circostanziate». E dopo di loro, per fare un altro esempio, nel 2000 fu suor Esther Fangman, priora della comunità delle benedettine di Atchinson, in Kansas, a sollevare il problema al Congresso degli abati, dei priori e delle abbadesse degli ordini benedettini, a Roma.

Più recentemente, tra il 2017 e il 2018 in Africa, nella regione dei Grandi Laghi, sono stati organizzati seminari per religiosi e religiose sulla «cura delle vittime di abusi sessuali in situazioni di conflitto», in collaborazione, tra gli altri, con l’Uisg.

Nell'incontro tenutosi lo scorso agosto a Kampala, in Uganda, John Baptist Odama, arcivescovo di Gulu, durante il suo discorso si è inginocchiato e ha chiesto perdono anche per gli abusi commessi da sacerdoti e consacrati nei confronti di suore e operatrici pastorali. Ma il caso recente che ha fatto più rumore è sicuramente quello della violenza sessuale su una suora di cui è accusato il vescovo di Jalandhar in India, Franco Mulakkal, di cui diamo conto nell'articolo a fondo pagina. Lo spettro di abusi e violenze nei confronti di religiose è apparso anche nella Chiesa cilena, già terremotata lo scorso anno dai molteplici scandali che hanno coinvolto sacerdoti e vescovi. La congregazione delle Suore del Buon Samaritano del Molina, nella diocesi di Talca, è stata sottoposta lo scorso dicembre a una visita apostolica da parte della Congregazione per gli istituti di vita consacrata, per fare chiarezza su una serie di denunce da parte di ex suore riguardo a molestie e abusi subiti da direttori spirituali, oltre all'essere state trattate «come schiave» da parte delle superiore.


 
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