L'ultimo viaggio internazionale che Papa Francesco aveva fatto risale alla fine del 2019. L'arrivo del Covid lo ha costretto a rinviare sine die una serie di appuntamenti e viaggi, rinchiudendolo nel circuito di Santa Marta - la sua 'gabbia' come la ha definita - fino a che non ha realizzato avrebbe potuto ritagliarsi uno spazio per tornare a viaggiare, proprio adesso, e andare in Iraq. Domani mattina, venerdì 5 marzo, inizierà una delle visite più difficili di tutto il suo pontificato. La aveva desiderata da tempo anche se per vari motivi era sempre stato costretto a rimandarla per via dell'instabilità del paese che in questi ultimi vent'anni è stato teatro di un conflitto devastante.
«Vengo come pellegrino penitente per implorare dal Signore perdono e riconciliazione dopo anni di guerra e di terrorismo, per chiedere a Dio la consolazione dei cuori e la guarigione delle ferite» ha fatto sapere al popolo iracheno Francesco alla vigilia della sua partenza. Ad attenderlo a Baghdad non troverà nessuno per strada, non ci saranno le folle e gli incontri con la gente perchè è stato decretato uno strettissimo lockdown.
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Al centro del viaggio ci sono due aspetti importanti: l'incontro con i cristiani superstiti, scampati alla persecuzione del Califfato e sottoposti ad una emigrazione forzata e il colloquio, a Najaf, città santa per gli sciiti, con l'Ayatollah Al Sistani. Inizialmente si era parlato della firma di un documento comune, un po' come quello che era stato fatto con i sunniti - negli Emirati Arabi, due anni fa - ma poi questa ipotesi è tramontata. E persino l'incontro con Al Sistani è stato incasellato in una diplomatica visita di cortesia e nulla di più. Certamente simbolica ma dallo scarso valore politico. In ogni caso resta un segnale che la Chiesa vuole mandare alla comunità musulmana sciita: è la prima volta che un Papa mette piede a Najaf, nella culla dell'Islam sciita.
Il cardinale Sako, primate della Chiesa caldea, ha provato a fare luce sulle vere origini di questo viaggio che cade nel bel mezzo della pandemia e con condizioni di sicurezza piuttosto preoccupanti, visto che si combatte ancora in alcune zone irachene sottoposte al controllo dell'Isis.
Per Sako la visita apostolica non servirà tanto a “rafforzare” la posizione sociale e politica dei cristiani: «Il Papa non viene a difendere e proteggere i cristiani. Il Papa non è il capo di un esercito. Certo porterà loro conforto e speranza per aiutarli a perseverare, a sperare e anche a collaborare con gli altri cittadini. Ma non viene a alimentare il settarismo, come fanno altri».
Sako ha il timore che la visita possa essere interpretata negativamente, e aggiunge: «Il Papa viene per tutti gli iracheni, non solo per i cristiani. Sa che tutti hanno sofferto, non solo i cristiani. Il Patriarca non condivide nemmeno le formule iperboliche di chi ripete che il Papa viaggia in Iraq per fermare il genocidio dei cristiani: Se c’è stato un genocidio esso ha colpito tutti: i cristiani e ancora di più gli yazidi, ma anche sciiti e sunniti, in numero più alto».
Poichè l'Iraq resta una polveriera sempre pronta a saltare, specie alla vigilia delle prime elezioni che si terranno a ottobre, Sako cerca di smorzare i toni ed essere ecumenico. «Non bisogna separare i cristiani dagli altri, le sofferenze dei cristiani da quelle degli altri, perché in quel modo si alimenta la mentalità settaria. Il Papa, invece, parlerà della fratellanza umana, e anche della fratellanza spirituale. Ad esempio a Ur, nell’incontro interreligioso, ripeterà che noi siamo fratelli perché ci rende fratelli la fede nell’unico Dio. E dirà basta a guerre, fondamentalismi, terrorismi. Chi tira in ballo l’espressione ‘genocidio’ spesso la fa per perseguire altri intenti, intenti politici».
Sul posto a preoccupare non c'e' solo la pandemia ma anche la sicurezza e per questo sono state messe a punto rigide misure e persino la Nato ha garantito un dispositivo di droni e aerei per aiutare l'esercito iracheno dall'alto. Papa Francesco si muovera' con un'auto blindata e solo allo stadio di Erbil userà la papamobile aperta. Ci sarano circa 10mila persone domenica 7 marzo alla messa.
Il Primo Ministro Mustafa Al-Kadhimi ha affermato che la visita del Papa contribuira' a consolidare la stabilita' e aiutera' a promuovere uno spirito di fratellanza in Iraq e in tutta la regione.