Vaticano, attico di Bertone, il tesoriere Spina: «Il cardinale informò Papa Francesco delle spese»

Vaticano, attico di Bertone, il tesoriere Spina: «Il cardinale informò Papa Francesco delle spese»
di Franca Giansoldati
Venerdì 22 Settembre 2017, 11:21 - Ultimo agg. 23 Settembre, 18:50
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CITTA' DEL VATICANO  Sorpresa: anche Papa Francesco era stato informato delle spese che erano necessarie per rifare l'appartamento del cardinale Tarcisio Bertone. Al processo che si sta svolgendo nel Tribunale vaticano per distrazione di fondi ai danni della Fondazione dell'ospedale pediatrico Bambino Gesù, viene tirato in ballo, per la prima volta, anche Bergoglio che, secondo il tesoriere della Fondazione, Massimo Spina – accusato assieme al manager Giuseppe Profiti di peculato – sarebbe stato ragguagliato dei progetti in corso dal cardinale Bertone a proposito delle spese necessarie.

«Profiti mi disse che non c’erano problemi perché il cardinale aveva parlato di persona della vicenda con il Santo Padre e che di conseguenza dovevo continuare a fare il mio mestiere di tesoriere» ha spiegato Spina. Il che avrebbe naturalmente implicato il pagamento delle fatture al costruttore genovese Bandera, chiamato dal cardinale Bertone a ristrutturargli l'appartamento a palazzo San Carlo. Il quadro emerso anche con l'interrogatorio di Spina, dopo quello a Profiti dell'altro giorno, descrive nei dettagli una situazione gestionale verticistica, avallata ai massimi livelli, da una parte dal cardinale Bertone e dall'altra dal Governatorato diretto dal cardinale Bertello, il secondo ente che ha pagato le fatture a Bandera.

“In qualità di tesoriere non avevo potere di rappresentanza, amministrazione e direzione, come previsto dal Motu Proprio del Papa del 2013” ha aggiunto Spina. Insomma, un esecutore di ordini che gli arrivavano dall'alto e non, come sostiene l’accusa, una figura autonoma che avrebbe utilizzato “in concorso” con Profiti denaro appartenente alla Fondazione Bambino Gesù a vantaggio dell'imprenditore Gianantonio Bandera, per ristrutturare l’appartamento.

Anche Spina ha confermato in aula che «la ristrutturazione» dell’appartamento al terzo piano di Palazzo San Carlo «faceva parte di un progetto strategico che mirava alla raccolta fondi» a favore dell'ospedale pediatrico. Un progetto strategico approvato in toto da Bertone che gradiva, accettava e confermava il sostegno e prevedeva l’organizzazione di eventi con un numero ristretto di soggetti», presso la sua abitazione per incoraggiare donazioni a favore dell'ospedale. Il cardinale di fatto - secondo quanto riportato - «si sarebbe impegnato da subito affinché gli oneri sostenuti dalla Fondazione sarebbero stati ristorati da donazioni».

Le fatture pagate dalla Fondazione furono sette. «Le prime due recavano intestazione LG Contractor Ltd., le successive Castelli Re Holding - ha ricostruito Spina -, ma non detti importanza perché la firma della lettera di trascrizione era di Bandera e il conto dove si dovevano accreditare le somme il medesimo, pensai fosse una variazione di ragione sociale».

Spina solleva poi un tema non secondario sui controlli che dovevano essere fatti quando vennero allestiti i ponteggi sulle mura di Palazzo San Carlo, nel novembre del 2013. La struttura è solo a «cinquanta metri da Sant’Anna, davanti alle pompe di benzina, a quindici metri dalla gendarmeria, a cento metri dal tribunale e che in tanti si sarebbero dovuti accorgere se qualcosa non andava, qui sembra – ha puntualizzato – che dovevo accorgermene solo io».

Il processo continuerà la prossima settimana.

Due dei testi chiamati dall'accusa,  il direttore dell'Aif (Di Ruzza), l'ente che con la sua denuncia ha dato vita al processo ma che non può testimoniare per una specie di segreto di Stato sui documenti relativi alla vicenda e la presidente del Bambino Gesù, Enoc. Anch'essa ha annunciato che non si presenterà in aula visto che ha fatto avere un memoriale (ritenuto però incompleto e lacunoso, mancante anche dei bilanci dell'ospedale). 

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