É una frase portatrice di un'idea sconfitta dalla storia. Così, in sintesi, la presidente della comunità ebraica di Roma, Ruth Dureghello, condanna le parole del sindaco Antonio Cicchetti.
«Boia chi molla non è il grido di battaglia, ma il motto di un'ideologia sconfitta dalla storia da condannare senza ambiguità o fraintendimenti», ha scritto in un tweet Dureghello.
“Boia chi molla” non è il grido di battaglia, ma il motto di un’ideologia sconfitta dalla storia da condannare senza ambiguità o fraintendimenti. #Rieti
— Ruth Dureghello (@dureghello) May 7, 2022
Il primo cittadino di Rieti, che con "Boia chi molla" aveva chiuso un comizio elettorale ieri, si è giustificato dicendo che si tratta semplicemente di un motto e che lui non ha commesso alcun reato.
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Oggi torna sul tema anche il vicepresidente del gruppo Pd alla Camera, Roberto Morassut, che ha scritto una nota in cui ricorda la matrice eversiva di quel "Boia chi molla". Anche quello usato dai giovani di Reggio Calabria degli anni 70. «Inutile ricordare a Cicchetti che sotto il "boia chi molla" crebbe negli anni 70 la base di massa dell'eversione e del golpismo di destra legato strettamente alle organizzazioni mafiose e criminali - scrive Morassut -. Cicchetti e altri dirigenti di destra cercano ora di minimizzare la gravità delle parole di ieri, peggiorando la loro immagine.