RIETI - Per due giorni aveva rilasciato dichiarazioni forti, con fermezza e senza alcun dubbio. Ieri mattina, nell’ampio cerchio delle indagini sul giallo della morte di Silvia Cipriani, è stato convocato nella Questura di Rieti Don Valerio Shango, il presbitero diocesano della Curia vescovile della Diocesi di Rieti. Il religioso, che conosceva bene Silvia Cipriani, è arrivato in Questura, convocato dal personale della Squadra mobile di Rieti poco dopo mezzogiorno, per riuscirne dopo oltre due ore. Gli inquirenti hanno ritenuto di interesse investigativo le sue dichiarazioni e le sue testimonianze rilasciate, nei giorni scorsi, al microfono de “La vita in Diretta”, in onda sulla Rai. Parole giudicate di rilevanza investigativa che - al di là di quelle che hanno riguardato la quotidianità dell’ex postina in pensione e la sua indole di persona mite e religiosa - don Valerio ha parlato anche di una donna «che in molti ultimamente avevano visto spaventata e impaurita». Ma non solo: don Valerio aveva inoltre aggiunto ulteriori dichiarazioni in maniera certa e circostanziata, come ad esempio che la donna «non era una persona che ostentava, poiché la sua vita era semplice e abitudinaria, ma Silvia possedeva dei soldi da parte». Parole che andrebbero concretamente a suffragare l’ipotesi di un movente di matrice economica dietro l’eventuale e presunto assassinio della 77enne.
La testimonianza. Ma don Valerio Shango aveva anche detto - appellandosi alla comunità locale - che sicuramente «c’è qualcuno che sa, che ha visto e che ha sentito», arrivando a stigmatizzare un certo clima di omertà e reticenza: «La gente ha paura, invito parrocchiani e paesani a parlare e riferire anche su piccoli dettagli», concludendo, senza mezzi termini, con la sua verità: «Si tratta di un depistaggio, di una messinscena, Silvia non avrebbe mai in alcun modo potuto raggiungere quei luoghi, la sua stessa auto non ci sarebbe arrivata. È stata scaraventata e buttata in quel bosco per essere sbranata dai cinghiali.