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Caso nomine, la mossa di Raggi: giudizio immediato per superare le urne

di Sara Menafra
Articolo riservato agli abbonati
Giovedì 4 Gennaio 2018, 07:45
3 Minuti di Lettura

Una mossa che prova ad allontanare il «caso Roma» dalla campagna elettorale ed evita al sindaco Raggi l'impatto mediatico dell'ormai inevitabile rinvio a giudizio. Ieri, i suoi avvocati, Alessandro Mancori ed Emiliano Fasulo, hanno fatto istanza di giudizio immediato: se il gup Raffaella De Pasquale sarà d'accordo (ha cinque giorni per rispondere) la prima cittadina andrà a processo per falso senza passare per l'udienza preliminare. «Desidero che sia accertata quanto prima la verità giuridica dei fatti, sono certa della mia innocenza», ha scritto su Facebook. Dunque, tutto rinviato, a meno che il gup non valuti la posizione di Raggi connessa «profondamente» con quella dell'ex braccio destro, Raffaele Marra, che ha scelto il rito ordinario, e respinga l'istanza.

I TEMPI
La strategia, individuata negli ultimi giorni e concordata coi vertici del Movimento, di certo allunga i tempi e prova a depotenziare l'intera vicenda: se l'istanza sarà accolta, il processo si aprirà certamente dopo la scadenza elettorale (pare entro maggio, ma i dati del tribunale di Roma parlano di udienze fissate mediamente un anno dopo il decreto del giudice). Anche se il processo a Marra continuerà a pesare sulla sua immagine, il sindaco si troverebbe, poi, a discutere del suo caso senza doversi confrontare in aula con l'ex fedelissimo e col fantasma del fratello, Renato, promosso a capo del dipartimento Turismo con tanto di bonus da 20mila euro nello stipendio. Non solo: se processata da sola e non con Raffaele Marra, Virginia Raggi comparirà davanti a un tribunale monocratico e non collegiale. E per come funzionano le cose a piazzale Clodio, vuol dire «mettersi in coda» nella parte più affollata del tribunale con il rischio che il processo duri almeno un altro anno.

L'INCOGNITA MARRA
Il gup ha tempo di decidere entro l'apertura dell'udienza preliminare, fissata per martedì prossimo, ma quasi sicuramente lo farà prima, forse lunedì. La scelta è meno scontata di quanto possa sembrare. Sono gli stessi avvocati Mancori e Fasulo, nell'istanza lunga una pagina e poco più, a citare l'unico caso in cui un giudice abbia respinto l'istanza di giudizio immediato in caso di «profonda connessione tra le posizioni dei diversi imputati». Nel caso di Raggi, aggiungono, «essendo venuta meno l'aggravante del falso», che collegava il suo comportamento al presunto abuso di Raffaele Marra, ed essendo stata lei archiviata per l'abuso, «non sussistono motivi di connessione» e «non è necessario procedere insieme», tanto più che i momenti in cui si sono consumati i due reati sono «differenti».

Raggi dovrà spiegare perché, sebbene le chat interne al suo staff parlassero del ruolo centrale di Raffaele Marra in tutte le nomine del 2016, compresa quella del fratello di lui, scrisse all'ufficio Anticorruzione comunale che il suo braccio destro si era limitato alla «mera, pedissequa esecuzione delle determinazioni da me (lei ndr) assunte». Visto che la stessa procura ha già fatto cadere sia l'accusa di abuso d'ufficio sia l'aggravante che collegava il falso all'abuso commesso da Marra, la strategia difensiva sarà principalmente centrata sull'assenza di dolo. Se i legali riusciranno a dimostrare che il sindaco non ha ben soppesato le parole contenute nella dichiarazione sarà l'intera accusa a cadere.

Sull'istanza di Raggi ieri fioccavano i commenti. Particolarmente duro quello di Matteo Renzi: «Ci basterebbe banalmente che, chi urlando onestà ha fatto il moralista con gli altri e insultato cittadini onesti iscritti al Pd, ogni tanto si ricordasse di chiedere scusa».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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