Killer Roma, preso l’autista del boss Giandavide De Pau: incastrato dalla sorella

Il telefono a casa delle vittime, decisivi i video delle telecamere

Killer Roma, preso l’autista del boss Giandavide De Pau: incastrato dalla sorella
Killer Roma, preso l’autista del boss Giandavide De Pau: incastrato dalla sorella
di Camilla Mozzetti
Domenica 20 Novembre 2022, 00:14 - Ultimo agg. 09:52
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È stato fermato all’alba di ieri dagli agenti della Squadra Mobile che sono arrivati a lui anche grazie al prezioso contributo della sorella. Di materiale gli investigatori, negli ultimi due giorni, ne avevano acquisito tantissimo, ma è stata quella telefonata che Francesca De Pau ha fatto ai carabinieri della stazione Monte Mario a portare gli agenti della Questura ad Ottavia, periferia Ovest della Capitale, in cerca di un uomo che da sospettato è stato fermato con l’accusa di triplice omicidio volontario aggravato. Sua sarebbe la responsabilità della morte delle due prostitute cinesi (di cui resta sconosciuta ancora l’identità) e di quella colombiana, Martha Castano Torres, che avrebbe compiuto 60 anni domani, trovate cadaveri giovedì mattina a distanza di poche ore tra via Augusto Riboty e via Durazzo, quartiere Prati. L’uomo si chiama Giandavide De Pau, 51 anni, e il suo nome è già salito agli onori delle cronache per vicende giudiziarie, alcune ancora in corso, che lo vedevano prima vicino a Massimo Carminati, ai tempi dell’inchiesta “Mondo di mezzo”, e poi a Michele Senese, il boss di camorra sempre ai vertici della criminalità organizzata romana pure da dietro le sbarre. «Ha guidato solo un’auto», diceva ieri la madre su quell’incontro datato e immortalato dai carabinieri del Ros, in cui il figlio era proprio tra Senese e Carminati. Lui invece ha la mente ottenebrata. Di quel giorno, durante l’interrogatorio-fiume, ricorda solo di essere entrato nell’appartamento al primo piano di via Riboty, quello dove da almeno dieci anni le due cinesi esercitavano la professione. E con i familiari parla di «tanto sangue» e di un uomo che era già in casa, ma la Squadra Mobile ha arrestato solo lui, sotto il coordinamento del procuratore Francesco Lo Voi e dell’aggiunto Michele Prestipino.

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È quasi l’alba di sabato mattina quando gli agenti salgono al primo piano di una palazzina di Ottavia.

De Pau è arrivato solo da poche ore a casa della madre, non sa che la sorella ha avvisato i carabinieri, non sa solo che la polizia ha in mano il suo cellulare, ritrovato nell’appartamento delle cinesi. Inizia a proferire frase confuse, sconnesse fino a chiudere: «Fatemi dormire un’ora». 

 

L’ARRESTO

La Mobile lo preleva, lui non oppone resistenza. In mano agli inquirenti c’è un paniere corposo di prove anche in merito all’omicidio della prostituta colombiana di cui De Pau sostiene di non ricordare nulla: non ricorda di essere stato da lei, di essere entrato in quella garçonnière di via Durazzo, ma le immagini recuperate dai Falchi della Mobile da diversi sistemi di videosorveglianza della zona immortalano la sua auto proprio lì, mentre passa per via Gomenizza e arriva all’appartamento. Poi ci sono le impronte e le numerose tracce che hanno letteralmente inondato le due scene del crimine e che sono state acquisite dalla Scientifica sull’input attento della IV sezione della Squadra Mobile. Un compendio indiziario attualmente in fase di verifica, ma è più che certo come alla fine il suo Dna verrà fuori. Dopo gli omicidi De Pau - che vanta anche precedenti per violenza sessuale, che da tempo è in cura psichiatrica e che è tornato a fare un uso regolare di stupefacenti - è scomparso per diverse ore. Fino a che giovedì pomeriggio si è messo in contatto con una sua amica cubana, con la quale avrebbe assunto droga la sera prima della “mattanza”. Per il tramite della donna avrebbe contattato la famiglia. In un primo momento pare che l’uomo avesse intenzione di lasciare il Lazio alla volta dell’Abruzzo, dove insieme a un socio cura un allevamento di asini. Poi, invece, dalla stazione Tiburtina, nella notte di venerdì, è tornato ad Ottavia a casa della madre. Resta ancora da trovare l’auto con cui giovedì mattina si è spostato dall’appartamento che abitava alla Balduina alla volta di Prati. Un vicino l’ha visto uscire poco dopo le 9.15 senza più tornarvi. Così come resta da trovare l’arma usata nei delitti. Ieri al policlinico Agostino Gemelli sono iniziate le autopsie sui corpi delle tre donne ma già da giovedì le ferite sul corpo della colombiana risultavano compatibili - per metodo - con quelle rinvenute su una delle due cinesi. L’ipotesi più probabile è che l’uomo, in preda ai fumi della droga e degli psicofarmaci, abbia perso il controllo, afferrato un coltello o uno stiletto a casa della prima vittima - la donna colombiana - senza che vi fosse dunque una premeditazione, che non gli è stata contestata. Al termine dell’interrogatorio è stato accompagnato nel carcere di Regina Coeli.

 

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