«Baby squillo, la madre ci guadagnava»: la corte di appello non fa sconti:

«Baby squillo, la madre ci guadagnava»: la corte di appello non fa sconti:
di Adelaide Pierucci
Sabato 21 Novembre 2015, 11:29 - Ultimo agg. 14 Novembre, 07:47
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Sapeva che la figlia faceva la baby squillo. E ne approfittava accettando da lei versamenti quotidiani di centocinquanta, duecento euro. Peggio ancora era arrivata ad incitarla. I giudici della III Corte di appello di Roma in ottanta pagine di motivazioni hanno spiegato perché i personaggi chiave dello scandalo delle baby escort dei Parioli non hanno meritato sconti di pena. Le parole più dure sono state riservate alla madre di una delle due lolite finita a processo per sfruttamento della prostituzione minorile e condannata a una pena di sei anni, confermata in appello.

«L'imputata non merita attenuanti in prevalenza», ha scritto il collegio, presidente Giuseppina D'Antonio «attesa la concreta gravità del reato, lungi dall'apparire eccessiva la pena si presenta congrua e adeguata». Giusto anche che la donna risarcisca la figlia di ventimila euro «come ristoro economico per il pregiudizio subìto anche in conseguenza della condotta delittuosa della madre».



I PAGAMENTI

La donna, ricordano i giudici, «per lungo tempo ha ricevuto dalla figlia quattordicenne versamenti quotidiani di 150-200 euro ed ha scelto di non farsi domande sulla provenienza del denaro, non solo prendendo atto della circostanza ma cominciando a fare conto su quel denaro la cui provenienza illecita era piu` che evidente, e giungendo infine a sollecitarne i versamenti». Ma anche per le sue giustificazioni: «Dopo l'arresto alle domande su cosa aveva pensato quando aveva visto tutto quel denaro in mano alla figlia, aveva detto che credeva che la piccola spacciasse droga». A smentire la madre «sfruttatrice» era stata anche l'altra minore coinvolta nello scandalo: «Perché chi spaccia non incassa cinquecento euro al giorno.».



«E' quasi imbarazzante dover rivelare in questa sede», scrivono riprendendo le motivazioni di primo grado «che nessuna madre accetterebbe la notizia che la figlia di appena 14 anni sia entrata in un giro di spacciatori, e che quotidianamente, dopo la scuola, confezioni dosi di cocaina per poi passare parte del corrispettivo al grossista e al resto alla famiglia». La scusa della droga, è la conclusione dell'Appello, è solo «la pietosa finzione a cui madre e figlia erano ricorse per dare un minimo di dignità al loro rapporto personale».



Uno sconto, anche se lieve, lo ha spuntato invece il dominus del giro, Mirko Ieni, l'ex autista Ncc che aveva affittato la garconniere dei Parioli. La condanna infatti è stata ridotta da 10 anni a 9 anni e 4 mesi.



LE TARIFFE

E' una grossa bugia secondo i giudici la circostanza che non conoscesse l'età delle due ragazze «neanche prossime alla maggiore età, ma di 14 e 15 anni». Non a caso le pubblicizzava sul web: «La vostra Lolita romana» o «Studentessa cerca papy». L'altra prova starebbe nelle tariffe diverse che applicava per le lucciole minorenni e maggiorenni. «Trecento in due per le baby, e 50 e 70 per le trentenni. Per poi vantarsi, hanno ricordato i giudici: «Quelle due manco vado a pigliarle dopo quando escono da scuola mi vengono lì dentro». Il difensore di Ieni, l'avvocato Raffaella Scutieri annuncia ricorso in Cassazione.