LA CONDANNA
Per gli “ermellini”, invece, non merita obiezioni il verdetto della Corte di Appello per cui «è obbligo basilare del lavoratore rendere la prestazione per la quale è retribuito, ed è corrispettivo onere di diligenza prendere tempestiva conoscenza delle relative modalità».
Anche l'eventuale «mancata affissione in bacheca dell'orario dei suoi corsi» non «avrebbe legittimato» il maestro pianista ad assentarsi. L'autonomia riconosciuta all'Accademia nell'articolazione dei corsi e degli orari, proseguono i supremi giudici, «non esonerava il docente dal prenderne conoscenza, in assolvimento degli atti di diligenza preparatoria allo svolgimento della prestazione, funzionali al corretto assolvimento della stessa». In un estremo tentativo di difesa, il docente ha detto di aver presentato una richiesta per fruire di un permesso di trenta giorni e «non avendo l'Accademia presentato alcun provvedimento di diniego, l'istanza di permesso avrebbe dovuto essere considerata accolta». Al “prof” assenteista i supremi giudici hanno replicato che «la semplice domanda di permesso non legittimava il docente ad assentarsi dal lavoro senza attendere la formale autorizzazione del datore, non risultando alcuna previsione o prassi aziendale che assimilasse la mancata risposta all'autorizzazione». Il maestro è stato condannato anche a pagare 2700 euro di spese legali.